
Amori perduti, tragedie per sempre tracciate nel cuore. Finalista nella 113° Edizione di Minuti Contati con Federico Guerri come guest star, un racconto di Dand Elion.
Ogni volta che i miei occhi incrociano il mio polso -questo nastro sdrucito e liso- ho un tuffo al cuore: sembra la prima volta.
Ogni volta che la guardavo sembrava sempre la prima volta. Grandissimi occhi verdi da gatta, mani piccole e affusolate. Un nasino all’insù come una domanda e una bocca nè sottile nè carnosa, rosa, che prometteva – senza mantenerla mai!- ogni cosa. Rubina era la mia compagna di avventura nell’estate del ‘93, quando ancora di me non sapevo quasi nulla e l’amore vero era nei volti dei poster di Cioè. Sognavo ad occhi aperti i suoi capelli lisci, lunghi- una dorata cascata di grano- avvolgere il mio corpo mentre posavo le mie dita sulla sua nuca e le mordevo gentile le labbra, e lo facevo guardandola nel suo bikini blu a triangolo sull’immancabile short di jeans con le frange. Faceva caldo, era umido, ma la terra era screpolata. Morivo di sete: l’avevo seguita in una passeggiata fuori porta che non mi aspettavo si sarebbe trasformata in una arrampicata. Tre passi avanti a me, agile come una gazzella, mi ipnotizzava ondeggiando i fianchi: i suoi glutei all’altezza della mia bocca. Ho scoperto il sesso, quel pomeriggio, senza averla ancora toccata. Finalmente si è fermata. L’ho raggiunta e, affiancandola, davanti ai miei occhi è apparsa una piccola radura, un altopiano a picco sul mare. Senza parole l’ho guardata, le ho stretto la mano tra le mie.
«Ti amo» mi ha detto, e la sua anima scottava attraverso i suoi occhi.
Goffamente – desiderio, imbarazzo, fame – le ho messo una mano sul seno – non ne avevo mai toccato uno – mentre la mia lingua si faceva spazio tra le sue labbra. Avevo una sete in più da placare adesso, bruciante e purpurea. Non avevo mai provato nulla del genere, prima.
Una lacrima calda le ha rigato la gota. Mi ha respinto. L’ho guardata in pieno stupore, senza riuscire a formare compiute parole.
«Io questa vita non la voglio, non voglio viverla.»
È corsa via, in leggera salita. L’ho seguita come la volpe con la lepre ma non sono riuscita a fermarla – se solo avessi corso più forte!- ma Rubina era una antilope ed io una goffa elefantessa. Si è fermata sul ciglio del burrone e mi ha guardato.
L’ho raggiunta di nuovo, in affanno, maledicendo i miei chili di troppo, le mie zampe corte e il mio seno che copioso mi rimbalzava sotto il collo. Tremante le ho preso di nuovo la mano, ansimando: «Amore mio..» – «..per l’eternità.» Un’ultima occhiata. Un intenso fugace sguardo. Si è girata, divincolandosi dalla mia stretta e si è tuffata nel vuoto, come una gazza in picchiata, lasciando il mio cuore a spaccarsi nel rosso e tra le mie dita il nastro che porto, scivolato dai suoi capelli.