Sono solo nel buio?

“Sono solo nel buio?”
“Inchiostro su tela. Praga 1945”

 
– Qualche problema, signore?
La guida del museo mi appoggia una mano sulla spalla. Con la coda dell’occhio, noto lunghi capelli untuosi a contornare un volto grigiastro.
– Dev’esserci un errore sulla data: Luthor Keitel è morto nel 1936 – Batto con l’indice sulla targhetta. – E poi… ho seguito molte mostre su di lui, ma non ho mai sentito parlare di un’opera chiamata “Sono solo nel buio?”.
L’uomo sorride.
– È stata scoperta solo di recente e questa è la prima occasione in cui viene esposta.
Sposto lo sguardo verso il quadro.
Un ammasso di linee inchiostrate su carta. Lo stile è quello di Keitel anche se i tratti sembrano più leggeri e nervosi. Avvicinando il volto noto anche piccoli segni coperti, come se il pittore avesse cambiato alcuni dettagli più volte e li avesse coperti con aggiunte successive.
– Non le consiglio di avvicinarsi troppo, signore: questo è un quadro che va guardato dalla giusta distanza per poterlo capire.
Muovo un passo indietro.
Un altro.
Le linee… tremano? Come in un gioco in cui si devono unire i puntini, mi sembra di intuire un senso nel guazzabuglio di tratti.
L’immagine è quella di un uomo visto di spalle. Davanti a lui, un qualcosa appeso a una parete. Uno specchio? Keitel voleva dare la sua interpretazione della La “Reproduction interdite”?
– Beh, non è certo il suo lavoro migliore. Penso che…
 
Buio.
 
Sbatto le palpebre.
Mi volto.
Sono diventato cieco?
Strofino gli occhi.
Scuoto la testa.
È come se qualcuno avesse succhiato via la luce dal mondo.
– Non ci vedo più! Aiuto!
La mia voce si rifrange in un eco distorto. Un secondo urlo mi si strozza in gola: dov’è finito il vociare del museo?
Dove sono?
– Vi prego! Qualcuno mi aiuti.
Incespico. Sbatto sulla parete e scivolo a terra.
Ansimo.
Passi.
Alla mia sinistra? Il rumore è confuso
Si fanno vicini.
Sempre più vicini.
– Aiuto!
Nessuna risposta. Solo i passi che si avvicinano. Lenti. Pesanti.
Si accompagnano a uno stridio, come di qualcosa che gratti sulla parete.
Qualunque cosa sia, è sempre più vicino.
Apro la bocca per urlare ancora, ma non emetto alcun suono.
Aria gelida attorno a me e un tanfo… come di cose morte.
Mi alzo. Comincio a correre.
Mi lascio indietro il gelo e il fetore. Il rumore dei miei passi copre lo stridio dal buio.
C’è qualcosa davanti a me? Una… luce?
Si! Un triangolo di luce verticale, come una lampadina appesa.
Accelero.
C’è qualcuno nella luce!
Rallento fino a fermarmi. Mi piego in due e cerco di calmarmi.
Guardo in avanti… e lo vedo.
Un uomo di spalle, davanti a lui, un frammento di parete illuminato. Al centro, il quadro di Luthor Keithel.
Muovo un passo avanti.
Un altro.
La figura di spalle… la riconosco!
Sono io.
Sento il cuore fermarsi nel petto.
Passi immediatamente dietro di me. Con la coda dell’occhio, noto un volto emergere dal buio. Pelle grigia e lineamenti che sono un tutt’uno con l’oscurità.
– Gliel’avevo detto che questo quadro andava guardato dalla giusta distanza per poterlo capire.