Sospeso tra ieri e domani

Il tizio che ha inventato il curriculum europeo era un simpaticone.
La freccia del mouse ruota intorno alle parole “Competenze relazionali” e il cursore lampeggia dove l’ho lasciato.
Sciolgo le spalle e mi passo una mano sul collo, la sedia scorre verso sinistra e apre un varco. Armstrong balza sulla scrivania e cammina sulla tastiera. La sua coda mi solletica il mento.
Adesso nel mio curriculum c’è un convincente: “Capacità di auto-apprendimentozdfrbji….+”
Il mio gatto sa esprimersi alla grande anche senza laurea.
Gli accarezzo il dorso, ma lui è interessato ad altro. Allunga una zampa verso le campanelle che penzolano dalla corona d’alloro.
Mamma l’ha intrecciata da sola con dei cavi elettrici ed è stato il suo modo per dirmi che era fiera di me anche se ancora non ha capito cosa farò.
Il verde delle foglie sta virando al marroncino. Come la mia voglia di mandare curriculum.
Salvo l’alloro da Armstrong e metto la corona su uno scaffale più in alto. Con un dito porto via la polvere dalla mensola e giro intorno al modellino del Rover.
Il 92% dei laureati nel mio corso hanno trovato lavoro. Ce la posso fare anche io e un giorno non avrò solo un gatto con un nome spaziale e una mania per i Lego Mindstorms.
Salvo il file così com’è con il contributo di Armi.
Il sole si infila tra le listelle della veneziana e disegna strisce sul pavimento. Andrò a correre, chissà che non mi venga l’ispirazione.
 
Che poi come la metti se fai parte dell’otto percento che fallisce? L’attesa mi sta sfibrando. Nessuno ha risposto: non una mail da una sola delle cinque aziende, neanche da quella di giocattoli.
Correre sembra l’unica soluzione per scappare dall’incertezza.
Attraverso il corridoio di casa e Armstrong mi segue speranzoso, lui non demorde mai anche se sa che non lo farò uscire.
Gli sbarro la strada e lo respingo. Mi morde un dito stizzito, ma mi lascia passare.
Sul pianerottolo Infilo il telefono nel marsupio e preparo le cuffie.
Il palazzo è silenzioso e non ci sono passi vicini.
Salto i gradini a gruppi e finisco addosso a qualcuno in fondo alla rampa. Scendi dalla Luna, ingegnere.
Eleonora del terzo piano alza una mano e ruota il polso.
«Ciao Giulio!» La coda alta ondeggia a destra e a sinistra. La maglietta ha il collo largo, ne esce una bretellina.
«Eleonora! Pensavo tu fossi ancora a Madrid.»
«Siviglia.» Scuote la mano ancora e ferma il mio imbarazzo. «Mi sono presa un momento per pensare.»
Sono mesi che non ci vediamo ed è… diversa. La Spagna fa questo effetto alla gente?
Profuma di fiori solo un po’ e sorride. Giocherella con una serie di braccialetti e li fa scivolare sul polso abbronzato. «Congratulazioni, tua madre ci ha detto della laurea e del voto. Ingegneria dell’automazione, fortissimo.»
Mamma non si fa scappare un’occasione. Mai.
Faccio un passo indietro sugli scalini e un altro laterale. La porta d’ingresso è sotto di me, è rimasta socchiusa e mostra una striscia di sole.
«Mi piace la robotica, cose così.» Questo è il modo più semplice per spiegarlo. Annuisco e mi appoggio al corrimano. Riempire gli spazi di parole per evitare le domande è il segreto di un neolaureato in cerca di occupazione.
«Vorrei lavorare all’ESA, un giorno. Ma prima devo farmi un sacco di esperienza e quindi ecco…»
Eleonora si sposta e sale al mio livello, sorride, si sistema la bretellina e la maglietta. «Bellissimo, vero? Questo momento.»
Mi scivola la mano sul corrimano, la lascio ciondolare. Cosa sarebbe bellissimo? Cioè bellissimo è questo momento qui noi due? Mi tiro la maglietta e la mollo subito. Sto sudando.
Eleonora guarda su, attraverso la tromba delle scale e gli orecchini lunghi che porta le toccano le guance. «Hai davanti il futuro e tutte le possibilità, sei sospeso tra ieri e domani, tutto potrebbe accadere e adesso ogni cosa è tua.»
«Io…» Di’ qualcosa di intelligente, ingegnere. «Mando curriculum.»
Epic fail, meglio sparire.
Alzo un braccio e oscillo la mano come un androide sbilenco. Salto gli ultimi gradini e afferro la maniglia. Equazioni, teoria del controllo, sistemi dinamici… tutta roba più semplice.
«Giulio?» Lei ha un piede sul secondo gradino ma si sporge verso di me. «Che fai domani sera?»
Pensavo di finire Legend of Zelda sarebbe la risposta più stupida del cosmo. Mi appoggio con la mano alla porta. «Nulla, sono libero. E tu?»
Lei sorride. «Nulla pure io. Beviamo qualcosa?»
Il cuore mi annuncia che questo momento è bellissimo e fa paura: un mondo di possibilità tutte qui e dopo chissà che cosa.