
Il fischio ha coperto ogni suono. Le voci che mi avevano accompagnato da terra. Il bip intermittente, i ronzii ormai consueti. Il tonfo ritmico e perenne dell’oscillatore. E ora che è finito non sento più nulla.
Forse accade questo quando si annega, forse i suoni giungono da lontano, ovattati. Sto morendo?
Cos’è questo rumore?
Pulsa e batte. Rintocca cadenzato, martellante.
Il mio cuore?
Avviluppato. Sono avvolto da un buio accecante, denso e corposo. Eppure sento le mie mani, il peso del mio corpo. Il torace comprimere i polmoni.
Fluttuo.
Galleggio, almeno questa è la sensazione. So che non è possibile.
So di essere seduto.
Una serie di flash consecutivi, veloci. Chiudo gli occhi, serrando le palpebre il più possibile, finché mi fanno male e si inondano di lacrime.
Eppure non cessano.
Vorrei portare le mani al viso ma le cinghie di protezione me lo impediscono.
Gli aghi infilati nelle mie braccia sembrano prendere fuoco, liquefarsi e percorrere come lava il mio apparato circolatorio.
Il cuore pulsa sempre più in fretta, lo sento colpire la cassa toracica, battere contro al petto e ingrossarsi. Di più. Diventa un pugno che mi schiaccia lo stomaco e serra la gola. Mi impedisce di respirare, e allora arranco. Spalanco la bocca, affamato d’aria. Mi sollevo, per quanto le protezioni me lo consentono. I tubi collegati al mio collo si tendono, come i miei muscoli. E ancora non respiro.
Grido.
Il riverbero della mia stessa voce mi assorda, potente, gutturale. Esce dalla mie labbra come un’esplosione e sembra strapparmi laringe e gola. Quasi la voce avesse degli artigli, affilati e conficcati nelle mie carni. E cercasse anch’essa, disperata quanto me, di rimanere aggrappata al mio corpo.
Deglutisco, finalmente.
Ho saltato.
Sono svenuto, forse. Ho sognato o ho creduto di farlo, non importa. Ora sono qui, e ho saltato.
La nebulosa si fa strada nel buio. Si gonfia e si contrae, luminosa e calda. Pulsa. Come vulva ancestrale. Madre del cosmo.
Sembra respirare piano, mentre i Pilastri della creazione spingono e si ergono, dentro di lei. Creatrice.
Sono i miei occhi a ingannarmi, o questo amplesso cosmico esiste e si manifesta?
Comincio ad avere freddo. La nebulosa si fa più grande, mano a mano che mi avvicino.
Saranno felici a casa. Ho compiuto la mia missione.
Sono il primo ad aver saltato. Un pioniere, un eroe forse.
Mi manca il fiato, qualcosa di caldo mi cola dalle narici e dalle orecchie.
Sono anni che mi preparano.
Sono nato per questo.
Il sangue lambisce le mie labbra, non ne sento il sapore. La gola brucia più forte e la nebulosa é sempre più vicina ma non importa, ho solo sonno.
Le cinghie hanno smesso di imprigionarmi, mi abbracciano.
Adesso riportatemi a casa.
«Ipossia, signore. Almeno questo rivelano i parametri.»
«Quindi abbiamo fallito.» Il più giovane tra gli uomini davanti ai monitor ha sorriso. «non direi signore. Il salto c’è stato. Dobbiamo solo… Aggiustare il tiro. Come previsto in questi casi faremo schiantare la navetta contro il primo asteroide della nebulosa Aquila»
L’uomo in divisa ha scrollato le spalle, come se avesse avuto un brivido, prima di sedersi.
«Lo perderemo quindi.»
«A quest’ora se l’ipossia non lo ha già ucciso, l’impatto sarà una benedizione.»
Il militare si strinse nelle spalle. «Va bene, quanti altri cloni addestrati abbiamo?»
«A sufficienza, signore.»