Una nuova gara

La corsia sembrava infinita.
Michele era sfiancato, ma sentiva che poteva farcela.
Le gambe lo reggevano a fatica.
La folla lo acclamava.
Accelerò il passo e vacillò per qualche istante. Poi cadde sulle ginocchia.
Braccia premurose si protesero verso di lui.
«Non lo aiutate» ammonì l’uomo vicino al traguardo.
Devo farcela. Digrignò i denti e spinse caparbio sulle braccia. Raddrizzò la schiena dolorante e proseguì. Percorse ancora qualche metro e vide sua madre. Era commossa e preoccupata. Voleva dimostrarle che non aveva mai mollato.
Costrinse i muscoli a uno sforzo immane. L’uomo al traguardo lo fissava fiero e attento.
«Forza, Michele! Manca poco!» lo incitarono i tifosi.
Michele respirava veloce. Il cuore batteva a mille. La vista si annebbiava, ma lui andava avanti.
Dalla memoria riemerse il fragore dello schianto, quel rombo di tuono che gli aveva rubato un anno. «Non mi fregherai di nuovo» sussurrò alla vita. Un passo dopo l’altro si avvicinò all’obiettivo.
Mamma applaudiva. Il traguardo era a portata di mano.
Quando Michele toccò la linea disegnata sul pavimento, gli infermieri esultarono.
Mamma corse ad abbracciarlo. L’uomo al traguardo, il dottor Marinelli, si avvicinò per sostenerlo ed accarezzargli la testa. «Sei stato coraggioso, figliolo. Potresti smetterla con i kart e darti all’atletica.»
Michele sorrise, si accasciò sfinito ma soddisfatto. Essere un campioncino a 14 anni non era da tutti.
Diede un’ultima occhiata al corridoio del reparto.
Una nuova gara era appena iniziata.