Vino profumato

Ines si schiarisce la voce. «Posso stare al servizio nella Chiesa Madre?»
La Maestra delle Novizie le si para davanti. «Come osi parlare senza essere interrogata.» L’afferra per il braccio. «L’insubordinazione va punita.» Stringe.
Il bruciore sulla pelle ferita le sale fino alla spalla e le spilla lacrime amare. «Vorrei partecipare alla Comunione Plenaria. Per entrare di più nello spirito del Convento.»
La Maestra le dà un ceffone. «Se vuoi integrarti, Ines, ubbidisci. Pulirai le stalle. È lì che dormirai stanotte. E Beatrice starà in Sacrestia.»
 
Le stalle sono gelide.
La campana suona l’inizio della cerimonia, nella Chiesa Madre.
Ines smuove mucchi di sterco e paglia.
La lampada appesa sul soffitto ondeggia per la brezza e le ombre rimbalzano tra le pareti di legno. Una falce di luce illumina un coniglio. Ines lo segue: eccolo, sotto un cespuglio dai fiori lunghi e carnosi.
Ines sorride. Si ricorda le lezioni di erboristeria di Nonna Giulia, prima che la spedissero a cercar la redenzione dopo per aver scopato con il figlio del Duca. E suo cugino.
Quella pianta era Aconitus Napellus, una spezia da usare per salvare le situazioni più difficili.
Proprio quello che ci vuole per speziare il vino per la Comunione Plenaria. Sarebbe diventata la beniamina del Convento, e avrebbero smesso di tormentarla.
Si sfila l’abito nero e rimane in sottoveste. Lungo tutto il braccio, le bruciature lasciate dai crocifissi roventi sono lucide dell’unguento all’Aloe.
Con questo dimostrerò di essere pronta per diventare come loro.
Mette i frutti di Aconito nella veste.
La Comunione Plenaria è a mezzanotte. Ha pochissimo tempo.
Attraversa di corsa tutto il giardino. Dalla Chiesa arrivano i canti che le altre Sorelle innalzano al Cielo.
Ines dà una spallata alla porta della sacrestia. La schiena si infiamma per i solchi lasciati dalla frusta della Redenzione.
«Beatrice! Sono Ines.»
Un spiraglio tra il battente e lo stipite. «Vattene.»
«Se ti vedono…»
«Guarda cosa ho.» Le mostra i frutti di Aconito. «La migliore spezia per aggiustare le amicizie.»
«E cosa dovrei farci?»
«La mettiamo nel Vino Profumato. Sarà buonissimo.»
La porta si richiude.
Idiota! Ines fa due passi indietro e si lancia verso la porta.
Il chiavistello cigola e lei si schianta sul battente che si spalanca. Beatrice cade a terra, colpita sul naso.
Ines ruzzola in un tripudio di Aconito. Stende la veste arrotolata sulla vita e copre i segni di denti sulle cosce e le croste sulle ginocchia, i passi lungo la Via dell’Espiazione.
«Bea, prepariamo il vino.»
La sua amica è priva di sensi.
È il mio momento!
Dalla Chiesa arrivano i versi del Gloria prima dell’Offertorio.
Ines schiaccia con il pestello manciate i frutti in un mortaio. L’odore pungente dell’Aconito si sparge per l’aria, come quando sua nonna preparava il siero della salvezza per le donne.
Ines versa la poltiglia di frutti nel tino.
«Che dolore…» Beatrice sputacchia saliva e sangue. Il naso è una prugna matura. «Che fai con il mio vino!»
Ines la colpisce con il pestello e la ragazza piomba a terra. «Scusa, Bea.»
La voce della Maestra delle Novizie arriva da dietro la porta che dà nella chiesa. «Il vino!»
Non è abbastanza profumato! Ines butta nel tino i frutti interi. «Arriva!» Riempie una coppa dorata da Offertorio.
Accidenti! È in sottoveste!
Sfila l’abito da Beatrice. Si toglie il cappello con le alette, con una smorfia quando la stoffa le stacca una crosta là dove l’hanno rasata con il coltello al sale.
Indossa il vestito alla bell’e meglio.
Apre la porta e passa il vino alla Maestra. «Tu?» Le strappa il vino dalle mani. «Domani vedrai, disgraziata!»
Ines china la testa. «È la ricetta di nonna Giulia.»
«Via!»
La porta si chiude.
Ines torna nella stalla e si addormenta su un pagliericcio.
 
Al sorgere del sole, Ines apre gli occhi.
Nella bruma del mattino va verso alla Chiesa. Nella sacrestia Beatrice è immobile, bianca come gesso.
Oltre la porta, la Maestra delle Novizie è inginocchiata. Ines la tocca e il corpo si ribalta: dalla bocca sporge la lingua nera e gonfia, gli occhi glassati.
L’odore di Aconito è fortissimo: tutta la congrega, dall’Arcivescovo alla madre superiora, lecca l’aria con lingue morte.
Ines sorride.
Il suo cammino nel supplizio è terminato. È libera.
Grazie, Nonna Giulia, Giulia Tofana.