
L’insostenibile leggerezza del desiderio e la realtà contro cui è destinata a frangersi. Direttamente dal Laboratorio, un racconto di Alessandra Corrà.
Non ero infelice in quel cielo, però mi sentivo solo. Per supplire a questa insofferenza passavo il tempo a guardare le donne giù sulla terra. La maggior parte di noi le guardava, eravamo terribilmente affascinati dalle loro forme morbide, da quei corpi sodi e belli che purtroppo non ci era possibile toccare. Da parte mia dire che mi piacevano era riduttivo, ne ero a dir poco ossessionato. Le guardavo tutte, senza distinzione. Almeno fino a quel pomeriggio quando scorsi una ragazza mai vista. Mi incuriosì perché non sembrava fatta di carne e sangue, era come un raggio di luce.
La rimiravo da qualche ora quando mi accorsi che degli uomini con visi loschi la stavano seguendo. Di certo non dovevano avere buone intenzioni. Per fortuna era quasi giunta all’abbazia del monte Pirchiriano dove forse si stava recando per la messa. Alcune nuvole però, dense e oscure, appostate come sentinelle, resero buio il cammino e le fecero imboccare un sentiero sbagliato nonostante fosse a pochi metri dalla destinazione. Davanti a lei c’era solo un dirupo. Gli uomini, intanto, iniziarono a gridare frasi oscene. La ragazza non aveva più scampo, stavano per raggiungerla, doveva prendere una decisione prima possibile. Scelse il vuoto.
Non so dire cosa mi successe esattamente. Non sempre le nostre azioni seguono una logica predefinita. In quell’attimo mi catapultai su di lei. Dopodiché, senza alcun raziocinio, la condussi in un capanno abbandonato nel bosco. Avevo solo voglia di salvarla.
Era svenuta quando l’adagiai sul pagliericcio. Dopo poco aprì gli occhi.
L’intensità del suo sguardo, al contempo candido e provocante, mi paralizzò.
«Allora non è una leggenda, gli angeli esistono davvero.»
«Non devi avere paura, non ti farò nulla.»
«Come potrei pensare male di te? Mi hai salvata.»
A noi è proibito scendere sulla terra e relazionarci con gli umani. Dobbiamo mantenere i nostri spiriti puri, non farci contaminare dalle passioni terrene.
Quel giorno mi ero spinto già oltre in verità. Avrei dovuto andarmene, lasciar perdere. Le mie ali, però, erano diventate pesanti come piombo.
Con la mano presi a carezzarle i capelli, forse più per tranquillizzare me stesso, ma lei con sorpresa mi baciò. Le nostre labbra iniziarono a muoversi come farfalle danzanti e le sue dita sottili mi sfiorarono il collo e il petto facendomi fremere. La passione che per anni avevo soffocato esplose in me. Le tolsi in fretta i vestiti e assaggiando la sua pelle penetrai in lei. Facemmo l’amore per l’intera notte e solo al mattino si addormentò tra le mie braccia.
Purtroppo capita che si prenda coscienza dell’irreparabile quando è già avvenuto. Capii in quel momento che non avevo altro tempo.
In silenzio mi sciolsi dal suo abbraccio. Ero appena uscito all’aria aperta che le piume iniziarono a cadere una dopo l’altra. Ecco il prezzo con cui avrei dovuto pagare la mia notte d’amore. Dal cielo ero caduto sulla terra e quella sarebbe stata la mia punizione, il mio inferno.
Mi voltai ancora una volta verso il capanno, nessun momento mi sembrò ingiusto come quello. Avevo trovato la mia felicità, ma non mi era possibile afferrarla.
Che serviva amare se poi non si poteva andare al di là di noi stessi?
Privato del mio essere speciale, della mia aurea, difficilmente sarei stato ancora ammirato. L’idea di deluderla mi era tanto insopportabile che pensai fosse meglio abbandonarla. Ben presto avremmo dimenticato e quella notte ci sarebbe sembrata come un sogno mai esistito.
I mesi passarono, riuscii anche a trovare un posto in quel mondo a me ostile. Purtroppo, però, anche se ci si scorda del passato è difficile che esso si scordi di noi.
E, infatti, un giorno mi giunse voce di un mito che mi pugnalò il ventre. La leggenda narrava di una ragazza che era stata salvata da un angelo mentre cadeva da un precipizio. La giovane, non rassegnata all’idea che il suo salvatore fosse sparito, si era nuovamente buttata giù dal dirupo, con la speranza di poterlo incontrare di nuovo.