Strike

“Questa storia deve finire” faccio una pausa e osservo i miei compagni stipati nel magazzino. Neanche mi guardano.
Salgo su una cassa di legno. Mi schiarisco la voce e ci riprovo.
“Questa storia deve finire” dico con maggiore convinzione.
Qualcuno si volta verso di me. Forse questa volta mi ascolteranno. “Non tollereremo più la loro violenza”.
“Giusto” grida qualcuno in fondo alla sala. Scruto la folla e individuo l’origine del commento. È Punta. Gli altri si riscuotono, guardano prima lui, poi si voltano verso di me.
Ora o mai più.
“Devono smetterla di buttarci a terra e prenderci per il collo” dico tutto d’un fiato. Un coro di “sono d’accordo”, “anch’io”, “bravo” e “ben detto” si leva dalla sala.
Poi, come un macigno, arriva la domanda di Angolo: “E come pensi di impedirglielo?”
Dovevo immaginarlo, il solito guastafeste. Ma che glene frega a lui, rimane sempre in piedi, difficile che arrivino a lui e lo buttino per terra. E se non cade… Non lo prendono nemmeno per il collo. Comodo Lui.
Ma questa volta non mi frega. Mi sono preparato.
“Contrattacchiamo”.
 
È tutto pronto. Angolo, per una volta, ha fatto la sua parte. Ha replicato, certo, ma non si è tirato indietro. E ha anche avuto un’idea brillante.
L’ora si avvicina. Passo in rassegna le truppe “Tutti in posizione e attendente il mio ordine.”
L’attesa dura poco. Una ad una le luci si accendono e illuminano il campo di battaglia.
Marco entra in sala e si avvia al bancone e avvia la cassa. Un po’ mi dispiace per lui, mi sta simpatico. Ma la guerra è guerra.
Arrivano i primi giocatori, si mettono le scarpette, prendono le palle e… “Ora”.
Il nastro che trasporta le palle comincia a girare. Grazie al trucchetto di Angolo prende subito velocità. Uno ad uno, saltiamo sul nastro che ci proietta, come missili, sulla testa dei giocatori.
Colpisco forte un bersaglio e finisco incastrato tra il tabellone dei punti e il soffitto. Da qui posso vedere tutto il campo. I birilli stanno infilando uno strike dietro l’altro.