
La sagoma di una bambina si stagliò alla luce della luna sull’ingresso della caverna. “Sei tu Nonno Dario?”
Il cuore stanco di Nonno Dario saltò un battito. Ormai non sentiva nemmeno più se qualcuno gli si avvicinava? Che strazio. “Cosa vuoi? Vattene!” cercò di ringhiare, ma quello che gli uscì dalla bocca era più un rantolo catarroso.
La bambina mosse qualche passo dentro la grotta. “Io sono Mara. I grandi dicono che sei cattivo e spaventi la gente.”
Nonno Dario scatarrò una poltiglia bluastra luminescente e agitò un tentacolo affaticato, come per scacciare un insetto. “Certo! Io sono l’ombra oscura della notte tenebrosa, sono il brivido che corre lungo la tua schiena, mi nutro degli incubi dei bambini!”. Ora la voce andava molto meglio.
Mara protese la testa, cercava di scorgerlo, ma lui si ritrasse nell’ombra. “Ora vattene se non vuoi– ” tossì. Scatarrò di nuovo. Il fioco bagliore del muco iniziava a rivelare le sue fattezze.
Mara si avvicinò un altro po’. “A me non sembri così spaventoso, sembri… un polpo arrosto!”
Un polpo arrosto? Questa è bella! Eppure quell’immagine così ridicola era proprio come si sentiva. Scoppiò in una risata, interrotta dalla tosse. “Hai ragione. Una volta ero forte e terribile, e mi nutrivo davvero degli incubi dei bambini. Avevo occhi di smeraldo che paralizzavano dal terrore tutti quelli che incrociavano il mio sguardo. Ora le cataratte mi hanno quasi accecato e i ragazzini non credono più a niente. L’ultima volta che sono uscito per spaventare un gruppetto di mocciosi sono finito su Tik Tok.”
Sospirò e si sedette sui tentacoli rinsecchiti arrotolati su sé stessi. Quando arriva la fine si diventa così ciarlieri? “E tu, piccoletta, che ci fai qui a quest’ora? Non ce l’hai una casa?”
“Sì, ma non ci voglio andare!”
“Non sai che è pericoloso girare la sera tardi? Dicono che c’è un mostro cattivo che spaventa la gente.”
Mara ridacchiò e si sedette su una roccia accanto a lui. “Sei buffo!”. Pure.
“Se hai finito di prendermi in giro, mi vuoi dire cosa vuoi da me?” Cominciava a essere stanco di quella bimba petulante.
Un’espressione sorpresa si stampò sulla faccia di Mara, che si alzò e andò verso il fondo della grotta. “Oh, cos’è quello?”
Dario si rialzò e scricchiolò verso di lei. La parete coperta di muco lo mosse a nostalgia. “Ah, sono i miei trofei: quando genero un incubo in qualcuno, questo prende la forma di un oggetto che rappresenta quella persona.” Un tentacolo indicò un vecchio ciuccio. “Questo è il mio preferito. Non sai quanto è difficile spaventare i neonati!”
Mara aveva uno sguardo ammirato, ma non guardava il succhietto. La sua attenzione era rivolta a un gruppetto di foglie argentate lì accanto.
“Oh, quelle”, rantolò Dario, “hanno una bella storia. Duecento anni fa stavo–”
Mara lo afferrò per un tentacolo e lo trascinò verso l’ingresso della caverna. “Vieni, voglio farti vedere un segreto”.
Ormai tanto valeva seguire la bimba molesta, almeno avrebbe fatto qualcosa di diverso dal solito.
Mara si fermò sotto un albero con le foglie che, alla luce della luna, erano identiche al trofeo di Dario.
Nonno Dario, ansante per la camminata imprevista, sfiorò una delle foglie. “Incredibile, non mi ero mai accorto di quest’albero”.
Cosa significava quella pianta? C’entrava con quella fata che aveva spaventato due secoli prima?
“Mara! ‘Ove sceii piccola sc-gualdrina!”. Uno sbraitare da ubriaco in lontananza ruppe il silenzio della notte.
“Mio papà! Se mi prende mi frusta con la cintura! Per piacere aiutami!” sussurrò Mara.
Lui? E cosa poteva fare in quelle condizioni? “Non ti preoccupare e stai in silenzio. È buio, non ci ve–” Fu colto da un accesso di tosse e sputò ancora il suo catarro luminoso.
“Scei lì, moscciosa. Ora vengo a dar-tele!”
Grandioso. “Mi dispiace piccola, ma io sono debole, non posso aiutarti.” E si ritirò dove il bagliore del suo muco non poteva raggiungerlo.
Mara rimase lì, impietrita, a tremare.
Un uomo barcollante e con la barba sfatta entrò nella debole bolla di luce, afferrò Mara per un polso, la scaraventò a terra e iniziò a sfilarsi la cintura. “Ora ti fasccio vedere io.”
Dario poteva leggere il terrore negli occhi della bambina.
Il cuoio colpì una, due volte, lo schiocco sovrapposto agli strilli.
La scena iniziò a illuminarsi di verde, come due fari di smeraldo puntati sull’uomo sbronzo. Dario si sollevò più che potè, per un’ultima volta si sentì ancora spaventoso. Pestò i tentacoli a terra e si parò davanti al padre di Mara. “Lasciala.” disse con una voce bassa, fatta di mille gorgoglii.
Sulle brache dell’uomo si allargò una chiazza scura. Si voltò e corse via senza emettere un fiato. Fra i tentacoli di Dario apparve una bottiglia.
Nonno Dario si sgonfiò accanto a Mara. “Stai bene?”
“Sì, grazie per avermi salvata. Sapevo che non eri cattivo.” singhiozzò la bambina.
Lui si trascinò accanto all’albero dalle foglie argentate e vi si avvolse. Mara lo guardò con gli occhi ancora lucidi e disse qualcosa, ma ormai Nonno Dario si stava già spegnendo, soddisfatto di quel suo ultimo sussurro.
(Copertina generata con chatGPT)