
Una realtà che non ci appartiene, ma che ci ingloba fino ad annullarci. Sesto classificato nella 108° Edizione di Minuti Contati con Andrea Carlo Cappi come guest star, un racconto di Francesco Nucera.
«’Sta storia di fumare fuori non la sopporto!» Marco espirò una nube bianca all’aroma di mentolo. «Ci faranno smettere per disperazione…»
Miriam, la giacca allacciata e la sciarpa sollevata fin sopra il naso, annuì.
Marco abbozzò un sorriso. «Se hai finito, puoi rientrare.»
«Dentro è peggio…»
Il ragazzo si avvicinò a Miriam e provò ad abbracciarla.
«Sei pazzo, se ci vedono ci licenziano» protestò lei, evitando l’effusione.
«Che palle ‘sta storia delle molestie.»
«Che palle fumare fuori, che palle le molestie…» Miriam allungò la mano, la poggiò sulla guancia di Marco e sorrise. «Siamo fortunati a lavorare entrambi, possiamo pagare l’affitto e arriviamo a fine mese senza grossi sforzi.»
«Che culo!»
«Non è fortuna, siamo bravi. E poi con la dodicesima e mezzo hai promesso che mi porti fuori a cena.» Miriam ammiccò, scoccò un bacio al vento, si voltò e corse fino all’ingresso.
Marco fece un ultimo tiro di sigaretta, sbuffò il fumo e scosse la testa. Non era quella la vita che sognava per loro ma, come diceva sempre il direttore, vista la crisi dovevano ringraziare il cielo di avercelo un lavoro.
Buttò il mozzicone nel posacenere, si trascinò fino alla porta antipanico semiaperta e rientrò. Un getto d’aria fredda gli si insinuò attraverso la giacca aperta. Con le mani tremanti, afferrò il primo bottone e lo infilò nell’asola, serrò la mascella e accelerò il passo fino alla sua postazione.
Guardò la sedia e un brivido gli procurò uno spasmo. Non era il caso di sedersi, avrebbe iniziato a lavorare in piedi.
«Signora, pensi al futuro. Non le piacerebbe fare una bella vacanza ai tropici?» Mentre pronunciava quelle parole, Marco pensò a quanto gli sarebbe piaciuto portarci Miriam. «Deve solo cederci il trenta percento della pensione che prenderà…» Chiuse gli occhi e cercò di allontanare il freddo che gli stava intorpidendo i piedi. «Lo so che ha già impegnato il quaranta percento per gli studi di sua nipote…» Si fregò le mani e provò a immaginare il sole di Cuba. «Non dica così, la laurea in tecniche di raccolta differenziata non è male…» Immaginò il mare, la risacca… «Non è proprio come lo spazino dei suoi tempi…» Un bel cocktail in mano, come nei film che i suoi guardavano quando era bambino…
Il silenzio nelle cuffie lo destò. Aveva fatto quell’ultima chiamata con il pilota automatico inserito.
Guardò il monitor, su cui lampeggiava la scritta “COMUNICAZIONE INTERROTTA”, e scosse la testa: lo zero in alto a destra indicava il numero di contratti chiusi quel giorno. Si fregò le mani, doveva rifarsi. Affettò il mouse, trascinò il puntatore sull’icona “NUOVO NUMERO” e cliccò.
Silenzio.
Beep singolo.
Silenzio.
Tre beep.
«Matricola 102153, il direttore l’attende.»
La voce algida della segretaria gli fece gelare il sangue. Marco guardò il monitor: “CONVOCAZIONE URGENTE”.
L’ascensore si aprì. Marco, infastidito da un fasciò di luce bianca, chiuse gli occhi. Portò la mano al collo e iniziò a sbottonare la giacca.
«Il direttore l’attende nel suo ufficio.»
Si voltò, pronto a insultare la proprietaria di quella voce asettica, che tanto l’aveva infastidito in passato, ma rimase a bocca aperta.
Seduta dietro una scrivania di cristallo, una ragazza sui venticinque anni lo fissava. Indossava una gonna superflua, vista la percentuale di cosce lasciate scoperte, e una camicetta di raso che, considerando i bottoni slacciati, era altrettanto inutile.
«Si sbrighi.»
Marco provò a distogliere lo sguardo, ma non era facile: non vedeva così tanta pelle dai tempi dell’università. Miriam, da quando lavorava al call center, si copriva anche a quaranta gradi.
Abbassò lo sguardo a terra e puntò dritto l’ufficio del direttore. Sollevò il pugno chiuso per bussare, ma la porta si aprì ancora prima che potesse farlo.
«102153, si accomodi.»
Marco entrò.
«Tolga pure la giacca.»
Obbedì. Rispetto al piano in cui lavorava, sembrava di essere in quei tropici che provava a vendere alle future pensionate.
«Si sieda.»
Per la prima volta da quando era entrato nella stanza, Marco sollevò lo sguardo. Un uomo sui cinquant’anni, giacca e cravatta scure, lo guardava con aria boaria.
Imbarazzato, si accomodò.
«Sa perché è qui?»
Scosse la testa.
Il direttore sorrise. «Proviamo così: sa perché la temperatura giù è così bassa?»
«Per aumentare la produttività?» chiese, titubante.
«Anche, ma soprattutto per evitare le effusioni. Sa come si dice: sangue freddo, animi sereni.»
Marco non l’aveva mai sentito dire, ma annuì vigorosamente.
Il direttore si alzò e lo raggiunse.
«Invece, lei è ancora troppo caloroso.» Il monitor sulla scrivania si accese e comparve il fermo immagine di Miriam che lo carezzava.
Tra il caldo e l’agitazione, Marco iniziò a sudare copiosamente.
«Lei sa che c’è il licenziamento per una simile trasgressione?»
Marco abbassò lo sguardo a terra. Non avrebbe più portato fuori a cena Miriam e avrebbero dovuto lasciare casa.
«Non faccia così, potremmo trovare una soluzione.» Il direttore gli poggiò le mani sulle spalle e iniziò a sfilargli la giacca. «Sa, qui non ho fatto installare telecamere.»