
Indietreggio sull’erba umida, la schiena urta il muro della taverna. Faccio per levare la benda dall’occhio, ma Gorna mi dà di gomito. «Ci metterai nei casini.»
«Più di così?»
Davanti a noi il biondo a cui Gorna ha appena sfasciato la faccia avanza, una torcia in una mano e una roncola nell’altra. Ansima, il fiato si condensa in una nuvola lattiginosa fra i sei denti rimastigli. I tre ceffi dietro di lui agitano i randelli.
Gorna fa spallucce e piega le gambe, pronto a caricare. «Fa’ un po’ come vuoi.»
Sfilo la benda e faccio un paio di passi verso i quattro idioti: che mi vedano bene in faccia. Gorna mi affianca.
Al biondo cade la mandibola. E pure la roncola. «Un eterocromo! Demonio!»
Con la coda dell’occhio vedo un mezzo ghigno sulla faccia di Gorna, che inizia a emettere quel suo ringhio basso che fa venire i brividi pure a me.
I compari del biondo mollano i randelli e scappano nel buio. Un tonfo sordo e una bestemmia. «Aspettatemi!» Gli ultimi passi si allontanano, resta solo il capo.
Gorna gli fa un cenno col mento. «E tu?»
Il biondo fa un passo indietro, incespica e finisce col culo per terra. Si gira, fa qualche passo a quattro zampe e corre via appresso ai compari.
Do una pacca sul petto del mio amico. «E adesso dimmi che questo occhio finto non vale ogni denaro che l’ho pagato!»