Il pazzo

Marco scese sulla stretta pensilina. Il semaforo era rosso e le auto sfrecciavano come pallottole. Prese a sfogliare le notifiche sul cellulare. Mai sprecare tempo.
Non fece caso all’unico altra persona sulla pensilina, almeno finché quello non fu arrivato a un paio di metri da lui.
« Attento ! » Esclamò il vecchio, facendolo sobbalzare.
Gli puntò il dito contro e ripeté: « Attento ! »
Un barbone, pensò Marco, alla prima occhiata. Cappotto stazzonato dal quale spuntavano stinchi magri e nudi che si piantavano dentro scarpe di colore indefinito.
No, un matto, decise poi, notando la calotta di carta stagnola che portava in testa, sormontata da pezzi di filo di ferro attorcigliati come molle.
Cercò di prendere tempo, in attesa che il verde gli concedesse la fuga.
« Scusi? »
Il vecchio fece segno di tacere e si avvicinò un altro passo.
« Shhh! Ci guardano… » puntò il dito al cielo. Poi, con un gesto da mago tirò fuori dal cappotto una calotta di stagnola simile a quella che indossava.
« Tieni » disse, porgendola con una mano e indicando con l’altra la propria testa.
Marco accennò un passo indietro, ma non riuscì a porre spazio tra sé e il vecchio, che continuava ad avanzare.
« Prendi! » Insistette quello « Se non la metti ti rubano i pensieri… E ne mettono altri. »
Marco maledisse il semaforo, le auto e il suo vizio di fare tardi al lavoro.
« Prendi !» ripeté il vecchio « non voglio soldi. »
Lui prese la calotta, la trattenne tra le dita e osservò il viso dell’uomo.
Gli occhi erano vivi, un po’ tristi, non minacciosi. La bocca dalle labbra sottili accennava appena un sorriso. La filigrana di piccole rughe concentrate intorno agli occhi e alla bocca gli diedero l’impressione che il vecchio, prima di perdere la ragione, fosse stato un tipo gioviale.
No, non c’era da avere paura.
Guardò il buffo copricapo che teneva in mano. In realtà era ben fatto, non un semplice foglio di stagnola raffazzonato in quella forma. Aveva una certa consistenza e la forma era più complessa di quanto gli era sembrato a prima vista.
« Devi metterlo » sussurrò il vecchio « è per il tuo bene… »
Marco rivolse un pensiero astioso al semaforo, sospirò e infine si mise quell’affare in testa. Il vecchio fece una risatina e scosse la testa.
« Lo hai messo davanti dietro. Giralo! »
Marco scrollò le spalle e ormai rassegnato girò il cappello.
Il semaforo si fece finalmente verde.
Il vecchio sorrideva felice, annuendo.
Marco lo salutò con un cenno e scappò verso casa.
Mentre percorreva i cento metri che lo separavano dal portone rifletté sullo stato di quel povero vecchio demente. Sarebbe mai potuto accadergli qualcosa di simile? O magari qualche altra disgrazia? Che stava facendo della sua vita? Perché tanti affanni, guai, sforzi… Era davvero quella la vita che voleva? Questi e molti altri pensieri insoliti gli affollarono la mente.
Solo a casa, davanti allo specchio, si rese conto che aveva ancora quella calotta argentea in testa. Quando la tolse gli sembrò di percepire un applauso.
Poi non ci pensò più.
Mai più.