
Sesto classificato nella 148° Edizione del contest principale dell’Arena di Minuti Contati, un racconto di Alessio Vallese scritto sul tema “L’unica verità duratura è il cambiamento”.
Sono fottuto. La faccia grigia e glabra del varg sta a un palmo dalla mia, la bocca che va da un orecchio all’altro emana un fetido alito di discarica che fa proprio vomitare. Gli occhi senza iridi sembrano gialli sotto la luce della torcia.
D’un tratto, dal suo occhio sinistro appare la punta di un dardo e un fiotto di sangue verde mi arriva in faccia. Un sapore di pesce putrefatto mi invade la bocca.
Il varg mi crolla addosso. Non sembrava così leggero.
Con un calcio, Don Fabio mi toglie la creatura di dosso.
«Non lo vuoi capire. Se non li ammazzi tu, lo faranno loro.»
Mi rannicchio contro la parete umida della grotta e mi abbraccio le ginocchia.
«Non ci riesco, non ho mai ucciso nessuno.»
«Devi ficcarti in quella testa che non sono più umani.»
Il prete si appoggia la balestra alla coscia e gira il mulinello che tende la corda. Incocca un dardo dalla punta rosa.
«Non morirebbero nemmeno con queste-»
«Se non fossero avvelenate con l’estratto di radice caprina. Lo so, ho studiato. Ma non ci riesco.»
«Sono solo dei mostri. Ti ho portato qui apposta, così puoi rendertene conto di persona. Devi sbloccarti, poi verrà da sé. Funziona così per tutto.»
Mi tende una mano e gli porgo la mia.
Un’ombra mi attraversa la visuale, Don Fabio sparisce e la mia mano afferra il vuoto.
Alla mia sinistra, un tonfo e due figure nella penombra che si avvinghiano in lotta.
«Don!»
«Gio, sparagli!»
Alzo la mia balestra e la punto tremante contro le due figure. Quale sarà il varg? Uno sfarfallio della torcia sul muro rivela il luccichio viscido del mostro. Premo il grilletto.
Il dardo si conficca nel fianco della creatura che emette un grido rauco.
Don le sferra un calcio e la allontana da sé. Si tiene un braccio.
«Alla testa, dannazione! Così lo fai solo incazzare! Ricarica. Subito!»
Il varg guarda verso di me, poi verso Don. Cerca chi lo ha ferito.
Estraggo un dardo dalla custodia, l’asta metallica mi scivola dalla mano sudata e finisce per terra.
Il mostro mi punta e si lancia verso di me.
In qualche modo recupero un altro dardo, incocco, chiudo gli occhi e sparo.
Il varg è steso a terra supino, la testa in una pozza di melma verde, con un dardo che gli ha maciullato mezzo naso e un altro piantato tra le costole. Tra gli artigli, un brandello di stoffa grigia imbrattata di rosso.
Don gli sta sopra e con un piede gli tira dei calcetti alla spalla. Con una mano si tiene un braccio sanguinante.
«Grazie Gio. Sei stato bravo. Questo maledetto mi ha trascinato in quell’angolo buio e non riuscivo a vedere cosa faceva.»
«Don! Stai bene? Sei ferito!»
«Fa un male cane, ma ho visto di peggio. Direi che è meglio andare. Raccogli la torcia, io non ce la faccio.»
Indica la mia balestra. «Quella è meglio se la tieni a portata di mano, non siamo ancora fuori.»
Camminiamo fianco a fianco verso l’uscita, io con la torcia in una mano e la balestra nell’altra.
«Don, ho avuto paura.»
«E vorrei vedere. Sarebbe stupido non averne. Cosa pensi che mi tenga vivo quando faccio queste gite nelle grotte?»
«Tu sei un prete, come fai a fare questo tutti i giorni? Quelle erano persone.»
«Erano, appunto. E non è certo stato Dio a creare il gas che li ha fatti diventare così. In un certo senso, il mio dovere non è cambiato, continuo a proteggere gli uomini da loro stessi.»
Giriamo un angolo e alla luce della torcia una figura cala giù dal soffitto.
Don mi tira per un braccio e mi spinge dietro di sé.
«Maledizione. Cosa ci fa qui? Di solito non vengono così vicino all’uscita!»
Mi sporgo da sopra la spalla di Don. Il varg ci osserva immobile, con la bava alla bocca, senza emettere alcun suono.
Ora però sembra diverso da prima, il cuore non mi batte più così forte, non mi manca il fiato.
Alzo la balestra e sparo, infilzo il varg in bocca.
Don si gira e mi guarda con gli occhi sbarrati. «Gio…»
Sospiro. «Forse avevi ragione tu Don, dopo il primo non ci fai più caso.»