
Vite senza speranza che non possono che perdersi in un vortice d’ignoranza e rimpianti. Un racconto di Alberto Della Rossa.
«Stasera si scopa.»
Lo disse con una sicurezza tale che Luigi fu sul punto di credergli. Poi guardò meglio l’amico.
«Nah. Impossibile compà, lo dici tutte le volte e non succede mai un cazzo.»
Marco sollevò un sopracciglio. Le labbra strette e il profilo da furetto non lo aiutavano di certo nella sua continua ricerca di una scopata.
«E tu che cazzo ne sai?»
«Ne so che ti conosco. E sei il solito coglione. Parli parli e poi ti caghi sotto. Non ti credo.»
Marco ghignò. «Sicuro?»
A Luigi non piaceva quel ghigno. Tutte le volte che lo sfoggiava succedeva qualcosa di poco piacevole. Ricordava quella volta che arrivò con una pistola a piombini, per esempio. Prima che si stufasse aveva ammazzato metà dei gatti del vicinato. A pensarci bene un paio ne aveva ammazzati pure lui, ma non ricordava la cosa con piacere. Marco invece sembrava molto divertito quando lo raccontava.
«E sentiamo, quale piano geniale avresti questa volta?»
Marco gettò la sigaretta a terra.
«Tu porta la macchina, io penso al resto. Andiamo al Piper stasera.»
Il locale era pieno di gente. Marco stava urlando, eppure Luigi dovette accostargli l’orecchio alla bocca per sentire qualcosa. Aveva l’alito che puzzava. Gli diede un vago senso di nausea. In mano aveva un cocktail fatto male, pieno di alcol scadente e di sciroppo di frutta.
«Guardati intorno. Scommetto che se fai una donazione alla LAV una di queste cagne te la porti a casa.»
Luigi abbracciò la discoteca con uno sguardo. Era pieno di ragazze che mettevano in mostra la mercanzia e che ballavano.
«Bravo, ti manca solo la divisa da accalappiacani» urlò di rimando, cercando di sovrastare la musica assordante.
L’altro lo tirò per la manica.
«Non serve. Stasera ho questo, è molto meglio.» Nel palmo della mano teneva una boccetta.
«Che cazzo è quella roba? Adesso ti fai di popper?»
«Meglio. Roipnol»
«Eh? Ripeti, non sento!»
«Coglione, non posso urlarlo. Vieni con me!»
«E adesso che cazzo facciamo?.»
Luigi aveva la faccia stravolta. Gli veniva da vomitare. Poco più in là stava la ragazza, la gonna ancora sollevata sui fianchi. Giaceva immobile sul cemento del cantiere.
Marco era su di giri. Sembrava non capire la gravità della situazione.
«E che ti frega? Ha avuto quello che voleva!»
Luigi era incredulo, non riconosceva più l’amico.
«Coglione, non respira, non lo vedi? L’hai ammazzata!»
«Macché, è il Roipnol. Poi si sveglia e ne chiede ancora!»
Luigi si chinò di nuovo sulla ragazza, per sentire se avesse ripreso a respirare. Era fredda, il tocco lo fece rabbrividire. Si alzò e afferrò l’altro per la collottola, trascinandolo vicino al corpo.
«Toccala imbecille, guarda che hai fatto!»
«Toh, la tocco, va!» Le cacciò una mano tra le cosce.
Luigi vide l’espressione strafottente dell’amico incrinarsi e andare in pezzi come un vetro bollente raffreddato troppo in fretta.
Marco ritirò la mano di scatto. Si girò verso l’amico. Aveva l’espressione di uno svegliato con un secchio d’acqua gelida.
Si mise le mani nei capelli.
«Oh cazzo» balbettò.
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