
Oggetti abbandonati o in agguato? Un racconto di Alexandra Fischer.
Era lì, buttata malamente sulla panca di pietra grigia.
Il tessuto verde acqua era coperto dai petali del ciliegio fatti cadere dal vento tiepido.
Da lontano, la si sarebbe detta una sciarpa primaverile di garza come migliaia di altre.
Tuttavia, impossibile non notarla avvicinandosi alla panca, anche perché l’indumento assorbiva la luce del primo pomeriggio e faceva risaltare tutti i fili dorati che abbellivano la stoffa.
Non era infatti la solita sciarpa dimenticata da una donna distratta.
Cercava qualcuno.
Ricordava ancora il tocco delle dita nodose e raggrinzite dall’età che l’avevano cucita e anche le parole malevole della sarta.
Stai ferma. Non sono io il tuo cibo.
L’aveva chiusa in un cesto di corde intrecciate munito di coperchio e poi l’aveva lasciata sulla panca in attesa della vittima.
L’ultima cliente del laboratorio, vanitosa, con le belle dita elastiche da sarta, pochi soldi per una sciarpa tanto bella e abitudinaria.
Sarebbe passata di lì, l’avrebbe vista.
Il resto sarebbe venuto da sé.
La sciarpa era affamata; tutti i fili che la componevano erano intrisi di sudore delle dita della sarta e della sua volontà di impadronirsi di un po’ di vita in più per le sue dita artrosiche.
Difatti, l’aveva avvisata.
Lasciamene un po’, che possano tornare come una volta.
La ragazza passò accanto alla panchina e valutò la sciarpa dopo essersi guardata intorno furtiva.
Il tessuto si distese, pigramente, preparandosi al balzo.
Non appena la giovane ne afferrò un lembo, la sciarpa le si avvolse intorno al polso, risalendo lungo il braccio e poi su, fino alla spalla, guadagnando preziosi centimetri verso il collo, dove avrebbe stretto senza pietà.
Le dita della fanciulla erano forti, ma non abbastanza.
Nel laboratorio di sartoria, la vecchia trattenne il respiro.
La ragazza morì per strangolamento.
Almeno, ne aveva tutti i segni, così credette la sciarpa, allentando la stretta per cominciare a nutrirsi della propria parte di cibo.
La reazione della giovane arrivò fulminea.
Le sue dita, animate da un’energia anche più forte di quella che aveva dato vita alla sciarpa, lacerarono il tessuto.
L’anziana sarta perse i sensi, accasciandosi sul tavolo dal lavoro.
Quando li riprese, vide i fili della sciarpa strisciarle incontro, animati da uno spirito anche più malefico di quello che aveva evocato lei mentre cuciva e capì che l’apparenza ingannava.
Ma fu tardi, per lei.
Oh, se lo fu.
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