Vamp Kitchen

La polvere mi pizzica il naso… no, non ora. Maledizione, non è polvere… è—
«Etciuuu!»
Il coperchio della bara si spalanca. L’eco dello starnuto si perde nel silenzio del mio rifugio. L’oscurità mi avvolge ancora, ma non sono solo. Due figure si aggirano per il castello, uno di loro ha un artefatto luminoso in mano. Profanatori? Incantatori? Discendenti di Abraham Van Helsing? Mi acquatto nell’ombra, pronto a scattare.
Poi leggo le scritte sui loro soprabiti: “Urbex Transilvania”.
Lo sapevo. Profanatori.
Uno di loro esamina un volume della mia biblioteca, sfogliandolo con aria distratta. L’altro fruga in una bisaccia e ne estrae qualcosa avvolto in un fazzoletto bianco. Una reliquia? Un teschio di un infante? No… è un panino.
Il naso mi pizzica ancora. Trattengo il respiro, ma la puzza è insopportabile. Quello è pa… quello è pa… PANE ALL’AGLIO!
Uno starnuto esplosivo mi tradisce. La mia forma si dissolve in un turbine di ombre e mi tramuto in pipistrello.
Non posso nulla contro questi miserabili… non ancora. Devo ritrovare le forze altrove.
Esco in volo dalla cripta, librandomi tra le vette dei Carpazi. Dov’è la neve? Dov’è il freddo pungente che ricordo? Quale scempio avete causato al mio mondo?
Sbatto le ali con forza, fino a che non si apre una vallata tagliata da infinite lingue grigie. Lì sopra, scatole con occhi luminosi ruggiscono nella notte, dirette verso un agglomerato di edifici altissimi.
Scendo in picchiata, ma le ali sono pesanti. Sono debole. Un gorgoglio mi stringe il ventre.
Sete.
Le strade brulicano di esseri umani, tutti con artefatti luminosi tra le mani. Una giovane donna si ferma a pochi passi da me. Non mi ha visto. Perfetto.
Volteggio nel buio e riemergo alle sue spalle. Il battito del suo sangue è una melodia che mi stuzzica il palato. Le mie labbra si socchiudono—
“OH MIO DIO!” La ragazza si gira di scatto, mi abbraccia e sfodera l’artefatto.
Uno specchio! Ma non è uno specchio… sono lì dentro, riflesso: occhi stanchi, pelle esangue, zanne affilate.
«Fantastico!» esclama la ragazza. «Sei un cosplayer?»
«Cosa?!»
«Ragazzi, guardate Nonno Goth.» Altri tizi si presentano, eccitati, bramosi. Nuovi artefatti si accendono. Indietreggio, le gambe tremano.
Nessuno ha… paura.
Un’altra trasformazione e volerò via… ma non ho le forze. Sono bloccato. Qui.
Un uomo con occhiali scuri e una giacca scintillante si fa avanti. «Amico, sei già virale. Hai un manager?»
«Un Magister?»
«Devi assolutamente partecipare a Vamp Kitchen, il reality più seguito del momento. Centinaia di persone nel pubblico—»
«Pubblico?»
«Sì, i loro cuori batteranno tutti per te.»
Sorrido, mostrando appena le zanne. «Parliamone.»
 
***
 
La lama della mannaia brilla sotto le luci accecanti. La carne cruda sul tavolo è grigia, senz’anima. Senza sangue.
«Dieci minuti alla fine!» strilla il giullare con lo scettro di voce.
Attorno a me, l’odore nauseante di un formaggio più bianco della mia pelle, flaccido e burroso. Vomiterei, se avessi uno stomaco…
L’avversario, un nerboruto con una barba levigata travestito da… ME, versa una salsa al pistacchio su uno strano cerchio di pane cosparso di pomodoro e di quella dissenteria bianca.
Il giullare alza le braccia. «Lestat de Lioncourt sta preparando una pizza gourmet coi fiocchi. Vediamo se Nonno Goth riesce a tenergli testa.»
Nonno Goth… Un tempo dominatore degli incubi, ora cuoco per elemosinare qualche preda.
Di fronte a me, il pubblico. Decine e decine di idioti con gli artefatti puntati… tutti tranne una. Una donna, pallida e minuta, labbra scure, capelli corvini e un corsetto nero appuntato sotto al seno.
Il suo battito arriva al mio orecchio, come se mi richiamasse, come se mi volesse.
Non è più solo sete. Lei è mia.
Basta con questa farsa, ora avrete il TERRORE.
Mollo la mannaia e, in un battito di ciglia, sono dietro di lei. Il mio respiro le sfiora il collo. Lei non si volta. Aspetta.
I miei canini le sfiorano la pelle.
Sangue. Silenzio.
Nessun grido. Nessuna fuga.
Uno scroscio di applausi. Gli artefatti si sollevano come fanti di un esercito.
«OH MIO DIO, UNA PERFORMANCE!» urla il menestrello. «Nonno Goth ha dato il primo morso in diretta TV!»
Stringo la ragazza tra le braccia, immobile. Il battito del suo cuore rallenta…
Levito. Si alza un boato, poi si scatenano luci folgoranti. Frantumo una vetrata e volo via, nella notte.
 
***
 
Oltre le scuri aperte del mio castello, la luna è un globo d’argento sopra i Carpazi.
Lei riapre gli occhi.
Le sorrido.
Davanti a noi, appoggiati alle colonne, i corpi dei due miserabili all’aglio. I “Transilvania Urbex”. Lì accanto, il loro artefatto, in piedi, puntato verso di noi.
Le offro un calice colmo del loro sangue, e afferro l’altro. Il tintinnio dei calici produce un’eco. I nostri volti, eterni. Il desiderio, immortale.
Beviamo.
Ci voltiamo verso l’artefatto e ci baciamo.
 
(Copertina generata con chatGPT)