
Zombie anomali in questo racconto di Polly Russell, terzo classificato nella 103° Edizione di Minuti Contati, la Romero Tribute Edition.
Credevo d’essere preparata. In fondo lo sapevo che prima o poi sarebbe accaduto, anzi un po’, da buona geek, ci speravo anche.
Già mi vedevo, machete nella destra, a far saltar via teste putrefatte.
Perché, e che diamine! Se apocalisse zombie deve essere, che sia di classe.
Dopo il primo comunicato diramato stamattina, pensavo a una gran bufala, una cosa in stile “guerra dei mondi” in chiave moderna. L’idea mi era anche piaciuta, ma la nottata passata al pronto soccorso aveva spento anche la voglia di cazzarare in rete su questa burla ben congeniata.
Ero ancora sporca di sangue, avevo ammazzato mio marito e la sua amante, solo poche ore prima e far passare il tutto per un furto con aggressione non era stato facile. Ho anche chiamato il 118, una volta sicura che non si sarebbero svegliati.
E invece eccoli qui.
Al terzo, terrorizzato comunicato a reti unificate, qualche dubbio me lo sono fatto venire. Ho cercato informazioni ma internet era morto. Un paio d’ore dopo è sparito anche il segnale della TV. Le ultime notizie di Sky24, parlavano di un morbo, in stile Romero, che avrebbe fatto rianimare i corpi morti. Le immagini erano quasi tutte tratte da film o serie televisive, ma le indicazioni erano precise: barricarsi in casa, appendere un lenzuolo alla finestra e attendere i soccorsi. Beh, mi sono detta, ho appena ammazzato due vermi traditori, non avrò problemi a farlo ancora.
Ho tolto il primo Dylan Dog dalla custodia e l’ho riletto, tanto per darmi la carica, poi tutto da manuale: sprangare le finestre, spegnere le luci, munirsi di armi da taglio, poi correre fuori a cercare viveri, kit di primo soccorso e armi da fuoco.
Ho indossato la muta e gli anfibi del bastardo con cui dividevo appartamento e vita per preservarmi, nei limiti di quello che avevo in casa, dai morsi. Ho indossato un casco integrale e sono riuscita addirittura a riesumare il collarino di quando mio fratello prese un colpo di frusta con la Panda. Il machete non ce l’ho, non l’ho mai avuto, ma il falcetto di mio nonno sembrava, comunque, perfetto per lo scopo e sono uscita.
Loro due erano lì. Davanti al portoncino che avevamo restaurato tutti e tre insieme: quando lui era mio marito e lei la mia migliore amica.
Non c’era il sangue che mi sarei aspettata, non c’era pus, né carne putrefatta. Non c’era nemmeno odore, se escludo la puzza di disinfettante che si erano portati dietro dall’ospedale.
Erano lì, perfetti, se non considero i buchi sulla schiena di lui e quelli sul petto di lei. Non erano minacciosi, non mi hanno proprio considerata a dirla tutta.
Erano lì, fuori dalla porta di casa mia e copulavano. E cazzo, saranno stati pure morti, ma sembrava non fossero mai stati più vivi.
È tornato il segnale TV, e io non sono più andata a fare il “Rick Grimes” dei poveri. Dicono che sono innocui. Che non dobbiamo disturbarli, e loro si limiteranno a ripetere l’ultima azione della loro vita. Per sempre. Dicono che verranno a prelevarli, prima o poi.
Per ora sono lì, e si divertono da morire.