
L’apocalisse zombie vista da un cosplayer. Quarto classificato nella 103° Edizione di Minuti Contati, la Romero Tribute Edition, un racconto di Eleonora Rossetti.
[02 novembre, giorno]
Ma vaff…!
C’è un bagno di folla davanti a me. Ci dev’essere il classico gruppetto di cosplayers niubbi in mezzo agli zebedei, che manco a dirlo impiega eoni a farsi scattare foto dai turisti. Scatta e taggami! Per carità, so che la cinta muraria di Lucca nel periodo del Comics&Games è un delirio, specie l’ultimo giorno, ma a volte ci si infogna peggio che sulla Fi-Pi-Li.
Rischio di far tardi, e allora spingo manco fossi Altair che si fa largo tra i civili.
Niente da fare, nessuno si sposta.
“If you can’t beat them, join ‘em!” canta Freddie Mercury dagli altoparlanti della piazza. Asseconda la folla, mi dico; provo a seguirne il flusso, ma non ottengo alcun risultato.
Cazzo, cazzo, lo stand della Umbrella mi aspetta e mi manca ancora parecchia strada. Il flash mob partirà a minuti, e io non ho pagato una notte extra al B&B né mi sono fatto fare un trucco di mezz’ora per mancare all’appuntamento. Le lenti bianche, poi, non le sopporto; Cristo santo, quanto bruciano! Il sangue finto mi cola dal naso sulle labbra e mi inacidisce la saliva. Sputo, quasi sui piedi per il poco spazio a disposizione, e spingo ancora.
Spostatevi, dai!
Niente.
Provo una tattica diversa: entrare nel personaggio.
Spalanco la bocca e fingo di mordere la spalla del tizio che ho davanti perché si faccia da parte. Come se servisse, penso, questo cespuglio brizzolato non starà neanche al gioco.
Invece quello mi guarda, urla, e spintona per fuggire. Fa lo stesso anche la donna accanto a lei. E la bambina al seguito, che caccia uno strillo da forarmi i timpani.
DiCaprio, scansati, l’oscar per l’interpretazione va a…
Solo ora sento il tumulto alle mie spalle. Le grida festose e la musica hanno fatto spazio a ben altre urla. Saette umane mi sfrecciano accanto, correndo impazzite nella calca.
Terrore. Lo percepisco. Mi arriccia la pelle più del sangue rappreso.
Ma non è finto, il sangue che vedo schizzare quando mi volto di colpo.
E non sono umani, quelli che vedo correre aggredendo chiunque abbiano a tiro. Scavalcano cornicioni, caracollano verso le persone terrorizzate, impacciate dai costumi. Prede facili, che cadono per primi. Mandibole che tranciano, denti che affondano, urla che diventano gorgoglii d’agonia.
Zombie.
E non cosplayer niubbi, né partecipanti di flash mob.
Veri, come le budella sparse sull’asfalto.
Me li vedo arrivare addosso come un fiume in piena. Lacrime di pus, denti mutati in zanne, mani ad artiglio e l’olezzo di morte che li precede come un’onda d’urto.
Sono pietrificato. Non riesco neanche a urlare.
Rimango fermo.
Arrivano.
Arrivano…
[2 novembre, notte]
Mi sporgo dal cornicione, fissando il cielo grigio. Niente elicotteri. Niente militari. Cellulari morti. La carneficina è stata più rapida di qualsiasi intervento. Chissà che ne è stato del mondo là fuori. Qualsiasi cosa sia successa, forse non si è propagata così tanto; forse solo la nostra è zona morta. Già: per quanto riguarda Lucca… con un focolaio da mezzo milione di turisti, è stata divorata in un lampo.
Sento uno strascicare di passi. E’ Cucciolo, che sta attraversando il viale incespicando tra le funi tese dei padiglioni. L’ho soprannominato così perché è uno dei pochi che non impazzisce e se ne sta buono per le sue. Piccolo bambino zombie col ghigno del Joker. Il pagliaccio Pennywise se la farebbe sotto tentando di irretirlo, altroché.
Cucciolo si avvicina, mi guarda e inclina la testa. La cervicale scricchiola. Gliela rimetto a posto. Lui bofonchia.
Mi crede uno di loro. Tutti mi credono uno di loro. E le iridi finte bruciano, bruciano, tagliano la cornea, ma non oso toglierle. Il sangue finto comincia a essiccarsi, e per domani hanno previsto pioggia.
Se fossi partito ieri con gli altri, senza fissarmi di voler partecipare a quel cazzo di flash mob…
Scuoto la testa.
Fanculo, sono ancora vivo. Per ora. Non devo pensarci. Devo resistere. Più degli altri cosplayers zombie dello stand della Umbrella, che hanno fatto troppo casino facendosi sgamare all’istante. Anche i finti militari hanno fatto la stessa fine: li hanno divorati tutti insieme, ho ancora negli occhi la scena di quando hanno strappato loro gli arti come zampe di una mosca…
Lo stomaco mi ribolle. A quel suono, Cucciolo sussulta e mi vomita tra le scarpe. Tra resti di liquame viscido scorgo due dita intere. Le raccoglie e me le porge, come fossi un uccellino da imbeccare.
Crede abbia fame.
Sto per vomitare anche io, ma non ho niente da offrirgli e potrebbe offendersi.
Raccolgo le dita molli di sangue e fluidi nauseanti. Cucciolo mi fissa, come se mi esaminasse.
“If you can’t beat them, join ‘em” dei Queen risuona, in loop, dalle casse della piazza.
Passo le dita sulla bocca. Azzanno. Mastico. Ingoio. Sfrego le mani unte di schifezza sul volto e sul collo.
E’ ora di rifarsi il trucco.