L’ultima caccia

Non sento niente eppure urlano. Sono sicuro, vedo le bocche spalancate, le mani in aria in un mare rosso.
Il mio rosso.
E allora vado, a testa bassa, non per la polvere, per proteggere il viso, se mi colpiscono di nuovo al naso sono fottuto.
Lapo è davanti, pochi metri, la sua schiena è come una montagna da cui erutta una cascata di capelli neri. Si abbassa e placca il bisonte bianco che gli corre incontro.
Cazzo che presa! Lo schiaccia a terra in uno sbuffo ocra. Quello resiste e gli da una gomitata, il fiotto vermiglio che gli zampilla dalla bocca mi sporca i calzoni.
Devo fermarmi?
«Cazzo fai? Fava! Moviti!» Me lo vomita contro insieme al sangue.
Ha ragione. Sono avanti di mezza caccia e quel “mezzo” è colpa mia.
Li scavalco tutti e due e continuo a correre. «Nardi!» Grido, ma il Nardi è già pronto, mi lancia la palla. La afferro e non mi fermo.
Lo sterno esplode, almeno lo sento esplodere.
Non ho nemmeno capito da dove sia uscito questo bianco di merda, ma la sua spalla, cazzo, l’ho sentita tutta. Continua il suo attacco allungando il braccio e mi arriva.
Il naso che si rompe ha un rumore tipico: inconfondibile. Almeno il mio.
Ora è davvero tutto rosso.
Una vertigine di dolore e adrenalina, non lascio la palla e non cado. Appoggio la sinistra a terra e riparto. Sono a pochi metri.
Lancio.
Caccia.
Ora sì. Santa Croce trema sotto l’urlo della curva rossa. Lo sento anche nel torace, sotto ai piedi.
Ora posso cadere, sputo sangue ed energia. Abbiamo vinto.
Per un altro anno Firenze sarà rossa.