
Il bagliore del fuoco si specchia sulle ossa e sfuma il bianco di arancione. Era di buon auspicio incastrarle tra la legna del falò: sarebbe rimasto qualcosa che le fiamme non avrebbero trasformato in cenere e, forse, avrebbero protetto la spiaggia dagli spettri.
«Mi odi così tanto?» Il mio sguardo si perde nell’ascesa delle scintille rosse.
Lui sospira e quello che non dice, quello che mi tiene ancora segreto, mi divora come se anche il suo silenzio fosse di fuoco.
Il suo respiro somiglia alla risacca delle onde sulla laguna. Lo invidio. La nostalgia punge, come se avessi ancora un cuore morbido da lasciarle infilzare con i suoi aghi.
«Lo sai perché le ossa non bruciano?» Allunga i palmi verso il calore del fuoco. Spezza il peso del silenzio e della nostalgia. «Nelle ossa non si può accumulare quella rabbia che ti consuma da dentro.» La sua bocca si incurva in un sorriso. «Nessuno ti odierà mai fin dentro le sue ossa. Nemmeno i tuoi nemici.»
«È un’altra delle stupide dicerie di tua nonna?»
«Mmh.» China il capo sui guizzi di luce che giocano sulla sua pelle, sulle ferite e sulle cicatrici. Le sue mani sono di nuovo un campo di battaglia con pozzanghere di sangue incrostato, così scuro che sembra inchiostro.
«Dovresti smetterla con quei rituali… Io non tornerò.»
Gli tremano le spalle. «Ti sbagli, funzionerà.» Stringe i pugni, «Funzionerà.»
Un taglio si riapre e lui trattiene un’imprecazione.
Vorrei poter prendere quelle mani rovinate e nasconderle sotto la mia tunica. Vorrei poterle scaldare e tenerle lontane dai suoi esperimenti. «Non lo vedi? Io non ti appartengo più.»
«Solo perché il tuo corpo è in fondo a quella merdosa laguna.»
«È stato necessario…»
Sospira di nuovo. «Per calmare il mostro, lo so.»
Alzo lo sguardo verso le onde scure. Il riflesso della luna è frantumato in una miriade di chicchi d’argento. Il mostro è lì sotto, da qualche parte, e ci osserva, anche se non l’ho ancora incontrato.
«Io ti rivoglio.» La sua voce è incrinata dal pianto, «Come prima.»
«No. Non devi avvelenarti, non per me. Non per riportarmi indietro. È una battaglia persa.»
«Dove sei?»
Sta osservando la sabbia scura, tra i cespugli viola della barena, come se potessi scappare. È una fortuna che non possa vedere i miei occhi vuoti, le guance scavate dalla morte, le labbra blu. «Sono qui.»
«Restami vicino. Resta con me.»
La sua preghiera è un desiderio che mi costringe a rimanere. È la nostra condanna.
Non gli importa più degli insulti nel villaggio, non gli dispiace che lo sentano parlare nel vuoto, con gli spettri.
Mi porge la mano, come se potesse afferrarmi una caviglia e tirarmi giù, tra le sue braccia. Ma il tocco gelido della morte gli indurisce lo sguardo, un brivido lo scuote, e le sue dita sanguinanti mi attraversano.
Gocciolano lacrime rosse.
«Il tuo odio… La tua rabbia per il mostro, e per quello che mi hanno fatto, ti ucciderà.»
Sorride e i suoi polpastrelli affondano nella sabbia. «Allora le mie ossa e le tue potranno riposare insieme, sul fondo della laguna.»