
Ester stringe la sua bambolina. Spengo la luce, le stelline della sua abat-jour scintillano nel buio.
«Buonanotte, tesoro.»
«Notte, mamma.»
Chiudo la porta, giro la chiave e la infilo in tasca.
«Non puoi fare così.»
Trasalisco. «Uff… Matteo, mi hai fatto prendere un colpo.»
Sta in piedi in fondo al corridoio. «La Ferri ha detto che non lo puoi fare.»
«È la tua terapista, che vuoi?» Lo oltrepasso, raggiungo il ripiano coi calici. «Devi andare, aspetto visite.»
Indica il Pinot. «E non esiste che fingi che sia malata per dormire fino a mezzogiorno.»
Che palle. «Quante volte è successo?»
«Troppe.»
«Va bene, ora che hai fatto il padre per cinque minuti, vattene a farti la tua vita.»
Scuote la testa, mi guarda come se fossi coperta di merda. «Sei una stronza.»
«Grazie.»
«E io un vigliacco perché te l’ho lasciata. Apri quella porta.»
Si crede il papa ora. Bevo un sorso. «Tra mezzora arriva Diego. Mi fa stare più tranquilla saperla al sicuro.»
«Al sicuro? Questo è sequestro di persona! Io chiamo la polizia.»
La apro e quando va via la richiudo. No, non gliela do vinta. «Non abiti più qui: vai.»
Serra le labbra, annuisce. «Bene.» Esce e sbatte la porta.
Infantile.
Sposto i calici sul tavolo e mi affaccio alla finestra. Eccolo lì. Telefona davvero.
«…sì, a chiave.» Monta in auto.
Ha chiamato la polizia davvero!
Che scemo, se arriva qualcuno posso sempre riaprire.
Ma guarda se mi deve ancora rompere le palle.
Scosto la tenda della cucina. Se arrivano con le sirene le posso vedere.
Ma figurati. Ester sta benissimo.
Attraverso il corridoio e mi accosto alla porta.
Parlotta.
«Amore? Sei sveglia?»
«Sì.»
«Che fai?»
«Metto a letto Dolly.»
Gioca con le bambole. Mio Dio, che bambina sofferente! «Va bene, ma dormi, cucciola. Io sono qui fuori, ok?»
«Ok.»
Torno di là, mi butto sul divano.
Scemo. Mi fa impazzire con tutte le sue paranoie. È solo una bambina e non è che abbia voglia di andarsene in giro di notte. Che differenza fa se la porta è chiusa o no?
Come per la scuola: non ho mai sentito una bambina triste perché non va a scuola. E poi la colazione se la fa da sola. Ha sei anni, mica due. Cose che fanno crescere.
E che non si è lamentato di quando la lascio da sola. Poverina, con patatine e tutti i cartoni che vuole. Lui e i suoi dottori del cazzo. Quando erano meno apprensivi si veniva su meglio.
Una portiera sbatte di sotto. Diego? È presto.
Mi affaccio. Cazzo, è la polizia davvero!
Deglutisco, caccio la mano in tasca, pizzico solo stoffa. Vado al portone. No, aspetta! Non hanno ancora suonato.
Dov’è la chiave?
Rivolto la tasca, il campanello suona. Prendo il citofono «Sì?» La chiave, dov’è la chiave?
«Polizia, signora. Possiamo salire un momento?»
Dev’essermi caduta. «Un attimo, mi vesto.» Riattacco, corro al divano, infilo le dita tra le pieghe. Niente. Levo i cuscini. Ma dov’è?
Suonano ancora. Ok, basta dire che non ci sono bambine. Anzi, Ester è dalla nonna. Non possono entrare se non hanno un mandato, credo. Cazzo, lo spero.
Apro. Devo calmarmi, prendere fiato.
Eccoli. Un giovane sbarbato, sorride. «Buonasera, che c’è?»
«Sera, signora. Ci è arrivata una segnalazione. Volevamo vedere se…» Guarda un foglietto. «Se Ester sta bene.»
Ecco, prendi un bel respiro, sorridi. «Ester?» Sii credibile!
Qualcosa mi afferra la maglia, salto di spavento.
«Mamma, che c’è?»
«Ester? Che… ? Credevo dormissi, amore.» Guardo i poliziotti. «Eccola qui. Sta bene.» L’avete vista, no? «Ora scusate, ma devo metterla a letto.»
Annuiscono, chiudo la porta.
Mi chino su Ester. «Tesoro, che ci fai fuori dalla cameretta? Come sei uscita?»
Mi fa vedere una chiave. «Papà me l’ha data se mi scappa la pipì.»
Bastardo. «E ti scappa la pipì?»
La cucciola fa sì con la testa.
«Dai, allora vai a farla.» Sto ancora tremando. Quello stronzo me l’ha fatta bella stasera.
Ester entra in bagno, io in camera sua. La chiave è ancora nella toppa. La sfilo, chissà la mia dov’è finita. Che sollievo.
La camera è in ordine, le stelline brillano. In fondo al letto… E quella?
La bambolina di Ester è chiusa in una gabbietta. A fare la nanna.