Blu oltremare chiaro

«Tesoro, aiutami tu.» La nonna studia i due tubetti di tempera. «Qual è il blu oltremare chiaro?»
Non mollo il libro. Ancora a fare la badante, e solo perché la scuola è finita. Ingiusto. «Non lo so, nonna.»
«Dai.» Strizza gli occhi, il dilemma della vita. «Aiutami.»
Mi han detto che da ragazza dipingeva, e anche bene. Ogni tempo ha i suoi frutti. Certe cose non dovrebbe più farle, punto e basta. «Prendine uno, è lo stesso.»
«Ma io… Ti prego.»
Mi sta implorando, e va bene. «Fa’ vedere.» Prendo un tubetto. «È questo, nonna. Blu oltremare chiaro.»
«Sicura?»
«C’è scritto qui.»
Come se riuscisse ancora a leggere. Come se questa pantomima del tornare a dipingere avesse davvero un significato.
Le sue dita serrano la presa sull’altro tubetto. «Tu mi imbrogli.»
Oh no, ancora. «Ti dico che —»
E poi fa quella cosa, scopre i denti fino alle gengive grigie. «Tu, bastarda ingrata.»
Sbatte il tubetto sul tavolo, lo colpisce col pugno, ancora e ancora. S’accascia sulla sedia da giardino, respira a fatica.
Non riesco a muovermi, è semplicemente troppo. Stringo al petto il blu oltremare chiaro.
Si raddrizza, osserva la tela da pittore accanto a lei. Intonsa.
Poi fa anche quell’altra cosa. Mi guarda con la tenerezza di quando ero bambina.
«Tesoro, vorrei dipingere un po’.» Sorride. «Come quando ero ragazza.»