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Mummie in fuga e archeologi senza frusta in questo delicato racconto di Flavia Imperi.

 
«Hai sentito?»
Anna si gira verso lo studio.
«Cosa?» risponde Anselmo, la bocca piena di popcorn.
«Sembrava un lamento.»
«Dallo studio?»
«Uff… non mi credi mai, stupido archeologo! Vado a vedere io.»
 
«Anselmo! Presto!»
Sempre a complicarsi la vita queste antropologhe.
La raggiunge, grattandosi una chiappa.
«Cosa ti si è rotto, stavolta?»
La scrivania è vuota. Brandelli di plastica sono disseminati fino alla finestra, spalancata.
«No! Il reperto D42!»
Anna indica fuori, pallida come un lenzuolo.
«S-s-sta scappando.»
 
Strane persone.
Che vesti bizzarre.
Perché scappano tutti?
Vorrei che mamma fosse qui, mi manca da morire.
Ho tanto freddo!
Non riesco a sentire bene la musica con tutto questo chiasso.
Per gli dei, che bellissima musica.
Ho così sonno…

 
«Ti dico che è entrato lì sotto, mi vuoi ascoltare per una volta?»
All’ingresso delle catacombe, il lucchetto è stato strappato via. Anselmo si accende un’altra sigaretta, camminando avanti e indietro.
«E se fosse… quello che sembra? Potremmo morire in modi atroci!»
«Se non lo recuperiamo, sì che moriremo in modi atroci. Il professore ci farà la pelle!»
«È uno scherzo, non può essere altro. Domattina ci rideremo su.»
«Sai che ti dico?» prende la torcia dalla macchina e si dirige verso l’entrata. «Va bene. Un reperto è… tornato alla sua tomba. Tutto normale. Io vado.»
«Aspettami!»
Il freddo dell’ipogeo avvolge ogni cosa di un silenzio innaturale. Sembra che il suono venga inghiottito dai morti, dalle tombe senza nome.
«Sento qualcosa, da quella parte.»
Anselmo punta la torcia verso un cunicolo secondario.
«Sembra la voce di un bambino.»
La torcia illumina un piccolo scheletro, rannicchiato a un angolo. Sta singhiozzando.
Anna stringe la mano di Anselmo.
«D42… anzi, Decimus. È il tuo nome, vero?»
Le orbite del teschio si alzano verso di loro.
«Scommetto che ti sei perso» dice Anselmo, con tono gentile.
Anna lo guarda stupita.
«Seguimi, ho capito chi stai cercando.»
Gli porge la mano, sorridendo.
 
Ossa nella mano, arrivano alla tomba DM42.
«“Amor omnia vincit”. Dev’essere questa.»
Una musica dolcissima di flauto fa vibrare la fredda pietra. Con l’aiuto di Anna la scoperchiano, e subito una mano scheletrica afferra il braccio di Anselmo.
«Mater!»
La voce del piccolo riecheggia fra i capitelli.
Lo scheletro lascia la presa. Bianche braccia amorevoli accolgono il piccolo, che si accoccola fra L42 e A42 e finalmente si riaddormenta. Quando richiudono la tomba, Anna si avvicina ad Anselmo e lo bacia.
«Stupido archeologo! Allora sotto quella lastra di marmo… batte un cuore tenero. Non l’avrei mai detto.»
«Beh, a volte le apparenze ingannano.»

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