Sangue sulla Route 44

Una vendetta a lungo attesa, un’umanità senza più speranza. Quinto classificato nella IGNORANZA EROICA EDITION, un racconto di Andrea Carbone.

 
Lucia andava avanti ormai da diversi minuti e non voleva saperne di fermarsi.
I guanti di pelle nera borchiata si trascinavano ora ciuffi di capelli, ora frammenti di denti, e il suo viso era una maschera rossa. Il che era molto curioso, dato che il cadavere che veniva percosso apparteneva proprio alle Teste Rosse.
Ma facciamo un passo indietro, esattamente a quattro ore e venti minuti prima.
Il posto da assalire era una vecchia stazione di servizio, ovviamente prosciugata da anni, utilizzata come covo da parte di quei fanatici delle Teste Rosse che grazie alla Route 44 che passava lì di fronte, riuscivano a tenere sotto controllo gli spostamenti da e per la grande città.
Gli assaltatori erano in quattro. Mike il barbone, che picchiava col suo bastone ed era completamente rasato, anche sul corpo; Jerry il taccagno, di cui si narra la vicenda dei due centesimi, che vi racconterò un’altra volta; Moana la pulita, che col suo viso angelico ha conquistato molti cuori giù a New Las Vegas (cuori che hanno fatto una brutta fine).
E infine c’era lei, Lucia.
Lucia e basta, perché di lei nessuno sapeva nulla, se non che fosse particolarmente incazzata con il mondo.
Il motivo lo si sarebbe appreso da lì a poco.
Ma fino a quel momento, lo scopo primario era una semplice razzia.
Entrare, uccidere, prelevare. Solita prassi.
Quando l’auto corazzata si fermò davanti la stazione, i quattro scesero pompando al massimo le casse della stessa: si erano preparati bene per l’entrata in pompa magna, con un brano dei Queen i cui bassi facevano ribollire le viscere. Sembrava si muovessero al rallentatore agli occhi di chi, dentro la stazione di servizio, si chiedeva se aprire il fuoco oppure aspettare. Magari si sarebbero potuti salvare, magari quelli non erano i Quattro Bastardi, magari erano quattro sfigati capitati lì per caso.
Ma quando videro Moana estrarre due granate a frammentazione dal giacchetto militare e Jerry e Mike inizare a correre verso diverse direzioni, capirono che dovevano essere proprio i Quattro Bastardi di cui tutti stavano parlando. Assassini, noti in tutto il paese per la loro velocità nelle esecuzioni.
Anche questa volta la loro fama non venne scalfita.
Vi risparmio i dettagli, li immaginerete bene. Schegge di metallo che schizzano a trecentosessanta gradi, pallottole che penetrano bulbi oculari, pallettoni che squarciano petti, porte sfondate, tavoli ribaltati, urla di sgomento, tentativi di fuga, nessuna esclusione di colpi.
Ma veniamo a noi, a Lucia che in tutta la baraonda, non ha mosso un dito. Dopo essere andata sul retro, ha aspettato due minuti, dopo i quali la Testa Rossa di suo interesse è uscita fuori. Non è stato difficile per lei colpirla alle gambe, farla cadere a faccia in giù e constatare la sua identità. Era proprio lui, era Ernesto.
 
Mentre lasciamo Lucia a colpire Ernesto con tutta la forza che ha in corpo, lasciando che il pugno penetri a ogni colpo sempre più a fondo nella scatola cranica, facciamo un altro passo indietro, esattamente a dodici anni e cinque mesi fa.
Potete vedere una ragazzina, immaginatela pure in bianco e nero, intenta a rovesciare una coperta piena di razioni per terra, nell’atrio di quello che un tempo doveva essere un grosso ufficio. Ora è spoglio, l’unico arredamento è quello di una decina di bambini dai cinque ai dodici anni, che giacciono appoggiati al muro per risparmiare le forze. Ma si alzano quando Lucia mostra loro il bottino della razzia. Lei è come una mamma per loro, e dal suo sguardo duro si intuisce che no, non possono toccare nulla, non prima di cena almeno, dove si preoccuperà di razionare per bene ogni cosa.
Tra questi c’è lui, il giovane Ernesto, che ha la stessa età di Lucia e che è arrivato da poco. Si dà da fare, eccome se si dà da fare. Trova sempre cose da mangiare, insegna ai più piccoli a combattere, pulisce gli escrementi e dà la caccia ai topi. Ernesto è l’ultimo arrivato, ma è diventato uno della famiglia.
 
Lucia si fida di lui, e domani lo lascerà solo a fare da guardia, mentre lei andrà via a razziare.
Ma quando tornerà a casa, Lucia perderà la sua fiducia, non solo in Ernesto, ma in tutta l’umanità.
Perché quella casa sarà priva di vita. I suoi fratellini, così li chiamava, saranno stati venduti alle camionette dei Parassiti. Li può vedere da lontano, trascinati là dentro a forza, consapevole che da lì a poco diventeranno cibo per gente ricca. E può vedere anche lui, Ernesto, mentre riceve la sua paga, con un ghigno stampato in volto.
Ora Ernesto non può più ridere, perché i suoi denti sono sul guanto in pelle di Lucia, che lo ha ritrovato dopo molte ricerche. I suoi amici l’afferrano dalle spalle, ma lei non vuole fermarsi.
Le lacrime si mescolano al sangue e i suoi fratellini si uniscono a lei, per questo è tanto forte.
E’ scesa la notte, è ora di andare.
Lucia è svenuta e devono portarla sulle spalle.
 
«Lucia la vendicatrice, è così che potremmo chiamarla.»