
«Nonno! Mi racconti la storia della caccia al troll?»
Mario cominciò a battere i pugni sul materasso.
«Ancora una volta! Ti prego!»
Il nonno, sul dondolo accanto al letto, reclinò leggermente la testa.
«La racconto io, tu correggimi!» Mario si mise a gambe incrociate «Allora, c’è questo troll, giusto? E bussa alle porte e tutti si spaventano, vero?»
Guardò il nonno in cerca di approvazione. Questi assentì con il capo.
«E lui dice che cerca aiuto, che non lo vogliono perché è brutto, cattivo e fastidioso! E tu mi hai guardato! E io ti ho fatto no perché faceva schifo anche a me e tu l’hai fatto entrare lo stesso perché quello ti aveva puntato il lungo coltello, giusto?»
Il nonno sembrò titubante, ma assentì.
«E poi io volevo giocare, ma lui aveva paura e allora l’ho rapito e l’ho portato nella mia casetta e poi… Non mi piace questa storia!»
Mario si alzò, contrariato. Aprì un cassetto e ne estrasse un lungo coltello.
«Sei noioso e fastidioso anche tu!»
Si avvicinò all’uomo che chiamava nonno, legato e imbavagliato, e gli tagliò la testa.
Prese una tavola di legno, dimensioni quadro, da una pila accanto al letto. Ci inchiodò la testa. Prese il pennello e la vernice verde e diede una prima passata. Fece una pausa per far prendere il colore e guardò la parete alle sue spalle. Ebbe un sussulto: il troll numero sette, l’idraulico che aveva rapito nella città vicina, aveva perso il colore sotto il naso.
«Fermo!»
Agenti nella stanza delle fiabe. Avevano trovato la sua casetta nel bosco. Cadde riverso trascinando con se due di loro, a uno aveva spezzato il collo.
Morì, nel sollievo generale.
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