Amore che vieni, amore che vai

A volte può essere difficile trovarla, ma quando la incontri, l’anima gemella, rimani senza fiato e spesso fregato. Un racconto di Ambra Stancampiano.

 
Mi sono innamorato di un’assassina.
Certo, fino a poco fa non lo sapevo; non lo avrei mai detto, e difficilmente mi sbaglio sulle donne.
 
Alice è rossa, minuta e timida. Quando le fanno una domanda guarda in basso, verso la punta delle sue scarpe, e le sue guance diventano del colore delle pesche.
E’ così che l’ho conosciuta, facendole una domanda. Lei non mi ha risposto, ma è salita in macchina.
 
Non si può dire che la via Salaria sia un posto romantico, eppure ci siamo incontrati proprio qui. Che strano, il destino; la tua anima gemella può nascondersi davvero ovunque.
Alice si è messa comoda sul sedile, ha accavallato le gambe e tirato la cintura di sicurezza in un unico gesto. Profumava di talco e lubrificanti. Mi è bastato un istante per capire che non l’avrei uccisa.
 
Sono un assassino anch’io, forse non ve l’avevo detto.
Mi piace portare le donne all’orgasmo e poi strangolarle. Potrei raccontarvi della mia lacrimevole infanzia, cercare in voi un po’ di empatia o il fantasma della comprensione per un mio modo di agire tanto antisociale, ma la verità è che non voglio: io sono un predatore e dovete temermi, non compatirmi.
 
Io e Alice ci siamo appartati vicino a un capannone nascosto nel folto degli alberi che costeggiano la strada; ho portato indietro il mio sedile, lei ha slacciato la cintura di sicurezza. Alla radio suonava un vecchio pezzo di De Andrè, tutto intorno il silenzio. Le finestre buie e vuote del capannone abbandonato mi fissavano come due buchi neri, mi hanno messo una strana inquietudine; Alice mi fissava in silenzio, i suoi occhi verdi sembravano concentrati sulla mia cravatta. L’ho allentata, ho cercato di darmi un tono:
«Fumi?» le ho chiesto, porgendole un pacchetto di Marlboro.
Lei l’ha allontanato con un gesto e mi è salita addosso, mi si è messa a cavalcioni, mi ha baciato. Non credevo che le prostitute lo facessero. Mi sono lasciato prendere da quella sensazione umida, calda e profonda; l’ho stretta a me. Anche lei ha cominciato a stringere; la cravatta, sempre più forte.
Non l’ho fermata. Non so perché, stavo bene. Le sue labbra erano così morbide che mi ci sentivo affondare, non ho avuto voglia di reagire.
 
Lei mi ha lasciato solo quando la mia faccia è diventata gonfia e fredda; non respiravo più, ma il rilascio della pressione ha liberato un getto bollente nei miei pantaloni. E’ stata l’ultima cosa che ho sentito.
 
Alice si è guardata allo specchietto retrovisore, interrogativa, con un sopracciglio perfetto inarcato sullo scempio alle sue spalle, poi si è sistemata una ciocca di capelli in disordine, si è passata un dito vicino all’occhio sinistro, dove il trucco si era un po’ sbavato; è scesa dalla macchina, è andata verso la strada a passettini.
 
Io mi sono alzato dal mio corpo e l’ho seguita. L’anima gemella non si trova tutti i giorni, e non la si lascia andare via così.

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