Un tesoro

Piccoli gesti che segnano, in positivo, una vita intera. Settimo classificato nella 106° Edizione di Minuti Contati con Piero Schiavo Campo come guest star, un racconto di Viviana Tenga.

 
Ricordo ancora bene l’entusiasmo di quando trovai la porta nascosta sotto il fitto strato di rampicanti.
In realtà, la stessa casa abbandonata era una scoperta recente; o meglio, ci eravamo passati davanti tante volte, ma solo quel giorno avevamo deciso di dedicarle la nostra attenzione. Giorgio aveva detto che c’era un grande tesoro nascosto all’interno e noi gli avevamo creduto come qualsiasi bambino di sette anni crede a un amico che dice qualcosa con grande serietà.
Con il senno di poi, individuare la porta doveva essere stata questione di pochi secondi, ma ero comunque eccitata per il fatto di essere stata io, Sara la Quattrocchi, a trovarla.
La porta era chiusa a chiave e questo ci scoraggiò un po’. Subito, però, Luca annunciò che lui una volta aveva scassinato una cassaforte giocattolo con una forcina di sua sorella. Di certo, una porta non poteva essere molto più difficile. La forcina la fornì Elisa, sfilandosela dai capelli con un gesto solenne. Luca si mise al lavoro, mentre io, Elisa, Giorgio e Michele lo osservavamo con trepidazione.
«Oh, comunque poi la parte più grande del tesoro spetta a me che sto facendo tutto il lavoro» disse a un certo punto Luca.
«Eh no!» ribatté Elisa, indispettita. «Se ce la fai, è solo grazie alla mia forcina! La parte più grande del tesoro spetta a me!»
Forse Luca inizialmente aveva voluto fare una battuta, ma a sentire il tono di Elisa divenne aggressivo anche lui.
«Ah sì? Allora prova a scassinarla tu, la porta!»
«Ehi, aspettate!» esclamai. «La porta l’ho trovata io. Se troviamo il tesoro, è merito mio!»
«Tuo?» disse Giorgio. «Ma se ve l’ho detto io che c’è un tesoro qui dentro!»
In un attimo, stavamo litigando, ognuno reclamando a gran voce la parte più grande del tesoro. Solo Michele stava zitto. In effetti, non ci accorgemmo nemmeno di quando sparì.
Poco mancò che quella fosse la fine della nostra amicizia. Cominciammo a scambiarci insulti pesanti, a dirci le parole più cattive che conoscevamo e anche qualcuna che avevamo sentito da fratelli o cugini più grandi ma non sapevamo bene cosa significasse.
«Ragazzi, smettetela!»
Ci girammo. Michele era comparso alle nostre spalle, con un’espressione seria e le mani a coppa che reggevano cinque caramelle ai frutti di bosco.
«Ho trovato una finestra aperta sull’altro lato della casa» disse. «C’erano queste sul tavolo. Lo so che sembrano delle caramelle normalissime, ma c’era una pergamena che sembrava molto antica. Diceva che sono caramelle magiche, le caramelle dell’eterna amicizia. Se delle persone le mangiano rimarranno migliori amici per tutta la vita. Deve essere questo il tesoro.»
Gli credemmo come avevamo creduto a Giorgio. Entusiasti per aver trovato il tesoro, ci dimenticammo delle nostre liti e della porta. Non volemmo nemmeno vedere la finestra da cui Michele si era introdotto nella casa, ma corremmo subito a cercare altri giochi in giro per il paese.
 
C’era stato qualcosa di solenne, nel momento in cui avevamo mangiato le caramelle. Ci avevamo creduto davvero alla magia; anche quando diventammo troppo grandi per continuare a crederci, non potemmo fare a meno di sentire sempre un legame indissolubile che ci univa tutti e cinque.
Ben inteso, non fu tutto rose e fiori. La prima difficoltà fu rimanere in contatto quando, un anno dopo, Michele e la sua famiglia si trasferirono in un’altra città, in un’epoca in cui i cellulari non esistevano e nessuno di noi aveva un computer a casa.
Non fu facile quando Luca lottò contro la tossicodipendenza. Non lo fu la sera in cui presentai il mio nuovo ragazzo a Elisa e mi accorsi che lui era incantato da lei e lei da lui. Non lo fu in tante altre occasioni, ma in qualche modo riuscimmo a mantenere sempre salda la nostra amicizia.
 
Con il passare degli anni, il ricordo di quel giorno lontano è sbiadito, fino a farmi dubitare che sia davvero avvenuto. Nessuno di noi ha più parlato della casa abbandonata o delle caramelle magiche. Mi sono accorta di provare un leggero imbarazzo all’idea di tirare fuori l’argomento, o forse è solo paura di scoprire che le cose non sono andate come le ricordo.
 
Io e gli altri viviamo ormai in città diverse, ognuno con la famiglia che si è costruito, ma ogni tanto ci incontriamo. In questi giorni, per esempio, Michele è ospite da me, con sua moglie e le sue due figlie. Le bambine hanno passato tutta la giornata a giocare con il mio e adesso che è sera Michele sta raccontando a tutti e tre una storia. La storia di cinque amici che giocano, e trovano una casa abbandonata che nasconde un tesoro…
 
«Ma allora te lo ricordi anche tu?» domando, emozionata, dopo che i bambini sono andati a dormire.
Michele mi sorride.
«Certo che ricordo. Proprio quella mattina, mio nonno mi aveva dato dei soldi per comprarmi delle figurine. Pensi che sia stato facile rinunciarci per prendere delle caramelle dal tabaccaio all’angolo?»