Estratto da: Cesare il conquistatore

Un estratto dal nuovo romanzo di Franco Forte (ancora in preparazione), concesso dall’autore in anteprima esclusiva a Minuti Contati in occasione dell’Edizione che lo ha visto come guest star.

 
Cicerone osservò gli occhi acquosi e allagati di sangue di Gaio Giulio Cesare, e comprese che quell’uomo, anche se esteriormente mostrava tutta l’incuria che il tempo aveva disegnato sul suo corpo, dentro aveva ancora il fuoco sacro che lo aveva sempre animato e che gli dava una volontà indomabile, per certi versi da commiserare, ma per altri da invidiare con tutto il cuore.
«Sono tutt’orecchi» mugugnò, sentendosi più stanco di quanto avrebbe voluto ammettere davanti al suo vecchio nemico e ormai indissolubile alleato.
«Ne avevamo già parlato» gli spiegò Cesare, con la voce che vibrava per l’eccitazione e l’impazienza. «Lo Stige, ricordi? Uno dei cinque fiumi degli inferi, le cui acque rendono chi vi si immerge immortale e invulnerabile.»
«Risparmiami la solita accusa a Teti per avere immerso Achille in quel fiume tenendolo per il tallone» commentò con una smorfia.
«Un errore che non ripeteremo» lo rassicurò Cesare, che non sembrava avere colto la nota di amara ironia che aveva velato il suo commento.
«Va bene» sospirò Cicerone. «Tu intendi guadagnarti la vita eterna raggiungendo quel fiume e immergendoti nelle sue acque. Ottimo piano. Ma… mi spieghi come pensi di farlo?»
Cesare allargò un sorriso astuto. «Secondo gli antichi studiosi, lo Stige si estende in nove meandri, che allargandosi quando le acque esondano, formano una grande palude.»
«La palude Stigia» confermò Cicerone.
«Esatto» annuì Cesare. «Ebbene, esiste un altro fiume che come lo Stige viene considerato la fonte della vita. Un fiume che si attraversa per traghettare le anime dei mortali nel regno degli dei, o negli inferi. Un fiume che, quando esonda, forma una immensa palude, di cui tutti conoscono l’esistenza, anche se ben pochi l’hanno vista.»
Cicerone strinse gli occhi in due fessure.
«Ti riferisci al Nilo, vero?»
«Proprio così!» sbottò Cesare euforico. «Il Nilo non è altro che la parte terrena dello Stige. Dobbiamo risalirne il corso e raggiungerne le foci, da dove prende origine la palude Stigia. E lì troveremo l’ingresso per l’Averno.»
«Dopodiché cosa faremo?» chiese Cicerone poco convinto. Sapeva che sarebbe stato inutile mettersi a discutere con Cesare sul fatto che erano ben poche le prove a cui si rifaceva per affermare che il Nilo fosse in qualche modo l’antico fiume descritto anche nella mitologia greca e romana, ma poteva almeno provare a contrastarlo sulle modalità con cui avrebbero inseguito quell’ennesimo miraggio che lo stava abbagliando. «Che cosa ci toccherà in sorte, quando penetreremo nel regno degli inferi?»
Cesare restò a fissarlo per qualche istante, con una strana espressione ironica tratteggiata sul viso scavato dalle rughe, poi si sporse leggermente verso di lui e mormorò: «Affronteremo Plutone, e gli dimostreremo che possiamo conquistare ciò che per gli dei è consuetudine.»
«La vita eterna?»
«Proprio così!» confermò Cesare convinto. «Dovremo combattere con tutto il nostro coraggio e guadagnarci il diritto di immergerci nelle acque dello Stige. Poi troveremo l’uscita navigando sul fiume Amelete, così da tornare nel mondo dei vivi come semidei.»
Cicerone prese un lungo respiro. «Vedo che hai già pensato a tutto.»
«Come sempre» ridacchiò Cesare.
«E credi che sarà facile risalire il Nilo fino a quella palude?»
«Per niente. Avremo bisogno di una guida, qualcuno che possa farci strada fra le insidie che popolano l’Egitto e il regno di Kush che si estende più a sud, nei territori selvaggi in cui scorre il Nilo.»
Cicerone si accigliò.
«E chi sarebbe questa guida?» chiese.
Anziché rispondere, Cesare continuò a fissarlo con quel suo sorrisino saccente, finché all’improvviso sollevò una mano e fece un cenno ad alcuni dei suoi attendenti, che sostavano poco lontano.
«Ora lo vedrai»