Girato dall’altra parte

Violenza: una sola parola, infiniti dolori. Terzo classificato nella CENTOCINQUESIMA Edizione di Minuti Contati con Diego Di Dio come guest star, un racconto di Dand Elion.

 
vio·lèn·za/
sostantivo femminile
1.
Forza impetuosa e incontrollata.
“tu non conosci la violenza dell’uomo”
 
Sono legata a un albero. Nuda. I polsi sanguinanti, le urla soffocate dalle mie stesse mutande.
Mi vede un passante, si ferma. Gli faccio pena. Va oltre. Sono una strega, sono alla gogna. Le terga roventi, il sangue rappreso. Chiunque ha abusato di me.
Ho 6 anni, mio padre mi ha venduto ad una carovana di passaggio, sono fulvo e molto bello. Canto come un usignolo. Non lo so ancora che mi sevizieranno per sentirmi cantare come un uccello nella gabbia del mio stesso corpo.
Sono un uccello, la mia colpa è essere nato pollo, nella memoria del mondo conosco il paradiso terrestre, si chiama “aia”, nel mio presente c’è solo merda.
Nel mio presente c’è solo merda, ho 15 anni, una bambina di due. Sono di nuovo incinta. Vivevo in una roulotte, ma ci hanno sgomberato. Adesso sono nel campo di Salone, un container di 8 mq, ci viviamo in 8. Se solo sapessi cosa è il progetto Antigone protesterei, ma io non ho potuto studiare e non lo so. Non ho una identità.
La mia identità me l’ha rubata il deserto e poi è affogata con me nel mare. Dovevo fare le Olimpiadi era il mio sogno immenso come immenso è il mare. Fa paura il mare, chi l’aveva visto mai?
Chi mi aveva visto mai? Sono birmana, ho 4 anni. Sono la numero 948, vivo in un orfanotrofio. Sono minuta e timida. Denutrita. Due mani mi hanno preso e sfamato, mi hanno portata via e adesso faccio la prostituta in un locale di Bangkok.
A Bangkok mi sono persa. Con la leggerezza dei miei ventidue anni mi sono lasciata innamorare dal mio ginecologo quarantatreenne. Che bello era, ma adesso gli ho messo il broncio. Mi ha lasciato da sola. Mi ha lasciato a morire qui, in un canale di scolo dopo che mi hanno stuprato a turno in tre. Non si lascia una donna sola a Bangkok.
Non si lascia una donna sola. Sei sposata? Sto aspettando mia figlia. Peccato altrimenti venivi via con me.
Vieni via con me. Ho passato 12 anni della mia vita incatenata al buio di questa stanza, sono austriaca, ci hanno messo 12 anni a ritrovarmi. Sai? Lui in fondo era la mia famiglia. Lui mi manca.
Lui mi manca. Non si risveglia l’amore di una donna se non lo si può sostenere. Vent’anni più giovane di me. Animatore di villaggio turistico. Mi ha detto che ero bellissima. Nessuno me lo diceva da anni. Abbiamo fatto l’amore. Mi ha chiesto 200€ la mattina dopo, in prestito. Ed è sparito.
È sparito, e io ho 16 anni. È sparito con una scusa.. E adesso chi lo dice ai miei che sono incinta?
Dove trovare un posto per il corpo di questa giovane donna che è venuta da me ad abortire la sua ultima speranza, ma qualcosa è andato storto.
Qualcosa è andato storto, Dio non esiste. Perché se esistesse io non sarei nata in un paesino della Nigeria, da una madre rimasta vedova prima che il suo uomo vedesse la luce dei miei occhi schiudersi.
Ho 9 anni, mi hanno tenuta in 4, tutte donne e hanno iniziato a fare a pezzi il mio corpo, o meglio quella parte di me che ancora non avevo mai usato. Non conoscevo prima di oggi il sentimento che mi scuote insieme alle contrazioni del tetano e al dolore. Adesso so che ha un nome, si chiama: Odio.
Si chiama Odio perché altrimenti il mio viso non sarebbe stato ridotto così dallo sfregare continuo di un burqa. Guardami adesso, l’emblema dell’Afghanistan oggi: una vecchia bruciata dal sole e con gli occhi tristi. Un uomo mi ritrasse, da giovane ero bellissima.
Per mia mamma ero bellissima, ma per il mondo ero grassa, grassa da morire, ma non l’avrei mai saputo, se non me l’avessero ripetuto tutti in ogni momento. Balena. Vacca. Elefante. Cicciona. Grassa. Baldracca. Chissà perché baldracca, poi? Poi lui, che mi ha fatto sentire bellissima. Mi ha convinto a scoprire il mio corpo davanti a lui. È stato breve, brevissimo. Abbastanza da farmi innamorare. L’ho guardato mentre si rinfilava i jeans. «Ci vediamo domani?» – «Scherzi? Volevo solo sapere come è scopare una botrillona.»
Sono morta quel giorno, adesso finalmente peso 37 kg, adesso finalmente oggi muoio.
Voglio solo morire, da quel giorno che avevo 13 anni e un mio compagno di classe mi ha schiacciato la faccia contro la moquette. Mi ha strappato i vestiti e ha usato il mio corpo con l’inesperienza di chi per fortuna ancora non lo sa ma dura troppo poco.
Dura troppo poco? Non ti basta mai, finocchio? Mi hanno tenuto in 4, si sono alternati, 15 centimetri in profondità nel mio culo c’è ancora della sabbia, tra i tessuti lacerati e le ecchimosi. Tanto sono frocio e ai froci tutto questo si può fare. Perché non esistiamo, gridiamo diritti, ma la realtà è che è meglio girarsi dall’altra parte. Al massimo si girano verso di me se mi riduco a macchietta e faccio ondeggiare una borsa.
Ma fa freddo, troppo per uscire e per strada io sono sola, qui sul portone di una chiesa di Parigi, uno dei miei bambini non si muove quasi più, i rari veloci passanti si girano dall’altra parte, bisbigliano «poteva non scopare se non voleva rimanere incinta».
Sognavo solo di essere libera.