Il chiodo no, cazzo

Siamo fottuti, di qui non ne usciamo.
L’ufficiale gira attorno al tavolo, va verso Primula che se ne sta bello dritto. Gli si avvicina così tanto che sembra voglia baciarlo, cazzo. «Ammiro la tua dedizione, dico sul serio.»
Questi bastardi mi tengono la faccia inchiodata a terra e Primula sembra ignorare sia me che l’ufficiale. È da quando eravamo piccoli che sogna di fare l’eroe. Io ci ho provato a essere come lui, giuro che ci ho provato. Ma è chiaro che non sono abbastanza, e di medaglie non ne voglio.
L’ufficiale contempla il mio vecchio amico. Sospira. «D’accordo, e sia.» Si preme le dita sugli occhi, come se gli costasse sacrificio. «Chiodo. La falange dell’indice.»
Mi prendono di peso, sono in quattro cazzo, scalcio ed è tutto inutile. Mi sbattono la mano sul tavolo, mi tengono per i capelli, questi figli di puttana vogliono che guardi. Uno si avvicina con un chiodo.
«Aspetta a usare il martello.» La voce tranquilla. «Fa’ in modo che si infili bene nella giuntura.»
Oh Gesù. «Primula… ti prego, diglielo…»
La punta del chiodo si appoggia sulla nocca. Piano. Poi comincia a premere, il soldato la rigira.
«Oh Cristo! Cristo!» Arriva la fitta. Il chiodo scava, sta trovando il passaggio. «Primulaaa!»
Il ferro va giù con un colpo secco. Una scossa per tutto il braccio, grido.
Il soldato che mi tiene per i capelli allenta la presa, vomita, mi riprende. L’altro afferra il martello, scuote la testa perché è troppo anche per lui, dà un colpo. Il chiodo stride sull’osso. Ancora una volta, e va giù nel legno. Si fa silenzio.
Sto piangendo. «Primula, diglielo…» Non siamo eroi, non lo siamo mai stati. «Lascia che mi ammazzino. Lascia che mi ammazzino, porca puttana.»
Il mio amico stringe i denti. Cristo, non è finita.
«La tua staffetta ti sta implorando.» L’ufficiale fa la faccia grave. «Implora una fine umana, non questo… schifo.» Punta il dito sulla mappa al centro del tavolo. «L’avamposto e le mitragliatrici. Ora.»
Primula chiude gli occhi, deglutisce.
Ti scongiuro. Glielo direi io, se lo sapessi. Levati dal culo quella bandiera del cazzo e fammi crepare.
Riapre gli occhi, torna a guardare la parete. Muto.
«Sai cosa mi affascina? Che tu stia scegliendo. Scegli di farlo soffrire» picchietta sulla mappa «e di salvare questi qui, chiunque essi siano.» Guarda me, fa un gesto ai soldati. «Lo scalpello. Nella giuntura del polso.»
«Nooo!» Provo a tirare indietro la mano, il chiodo infilato nel tavolo me la tiene lì. «Macellai del cazzo!»
Aumentano la presa, qualcuno mi tira un calcio nella schiena, rimango senz’aria.
Ecco lo scalpello, maledizione. Il bastardo me lo appoggia proprio lì sul polso, dove emerge l’osso. Lo punta, la pelle si piega. Oh Gesù. La mano solleva il martello.
E Primula urla. Urla e si affloscia, cade sulle ginocchia.
L’ufficiale fa segno di fermarsi.
Primula si tiene le tempie, oscilla avanti e indietro. «Va bene! Va… bene.»
E mi guarda, finalmente. Gli occhi spalancati, la bocca che trema. C’è smarrimento, c’è la fine di una certezza.
Sia ringraziato Iddio.