La Porta nel Muro

La folla mi schiaccia, mi opprime, mi soffoca. Facce lunghe, scure, con occhi allucinati, si stringono intorno a me e mi trasportano con loro. Mi trascinano via.
Mi premo contro i corpi accalcati. Gli sguardi sono su di me: tutti mi scrutano, mi toccano.
«Chi siete, cosa volete?»
Uno mi ride in faccia, una donna appoggia le guance ricoperte di lacrime sul mio petto. La scanso.
Ho la gola secca, il fiato che non esce. Spingo, strattono. Urlo. Perché nessuno mi ascolta?
Un uomo vestito di bianco, vecchio e con la barba lunga, mi sorride. Mi prende per mano e mi trascina via.
Sa nuotare in questo mare, il vecchio. Si fa strada tra macigni umani, ci si infila come l’acqua tra le rocce. La sua mano rugosa mi stritola il palmo, non mi molla mai. Avanziamo, la folla si dirada: quei pochi rimasti siedono a gambe incrociate a fissare qualcosa di fronte a loro. C’è chi piange, chi prega, chi lancia lamenti che fanno allentare le viscere.
Cosa guardano?
Mi volto: un muro di mattoni occupa l’orizzonte, un’enorme porta dagli stipiti neri come l’inferno ha una scritta sull’architrave:
 

    Entra e sarai giudicato.

 
Lettere di fuoco, che mi fanno saltare il cuore alla testa. Cado in ginocchio.
Oddio. Oddio.
L’uomo in bianco mi arpiona la clavicola, il suo fiato sul mio orecchio è caldo. «Fa paura a tutti, la prima volta, tranquillo.»
I denti mi scricchiolano nelle gengive. «Sono morto?»
«Sì, figliolo.» Mi carezza la spalla. «Sì.»
 
***
 
Qua, così vicino alla porta, siamo in pochi. Quasi tutti stanno alla larga, da quel muro. E come biasimarli? E’ come un occhio che ti guarda nell’anima, che ride di te, e allo stesso tempo ti invita a entrare, per farti giudicare e poi fottere. Per l’eternità.
L’occhio che tutto vede.
Ricordo la mia vita: non ero un santo, certo, ma merito l’inferno?
No, certo che no. E chi se lo merita?
Ma la domanda giusta è: Dio la penserà come me?
L’uomo in bianco, che si fa chiamare Caronte, fa il cercatore: fa parte di un gruppo di buone anime che vanno in giro a pescare i nuovi arrivati per portarli qui, al cospetto di Dio.
C’è chi scappa urlando, chi si mette a bestemmiare, chi si strappa i capelli… ma c’è chi, come me, rimane a fissare questi mattoni di merda, con quella scritta che rivolta lo stomaco.
Il cielo è plumbeo, qui, nell’aldilà. Il suolo è grigio e ricoperto di ghiaia. Mi viene voglia di scavare, di provare a tornare sulla Terra per avvertire i miei figli e dire loro che le storielle che raccontano i preti sono vere: c’è qualcosa, dopo la morte. Comportatevi bene. Così vorrei dire.
Ma non posso.
 
***
 
«Che c’è dall’altra parte?»
Le labbra di Caronte si piegano all’insù. «Sai leggere, no?»
Uno dei cercatori ha portato una bambina. La piccola piange, si copre gli occhi con le manine, è spaventata. Dio lo sa di sicuro, quanto soffre: quello sa tutto, no?
Caronte indica la porta. Il cercatore stringe le spalle della bimba e la spinge in avanti.
Lei va.
Non farlo, no!
I battenti si aprono, una luce accecante mi fa distogliere lo sguardo. Un attimo dopo la porta è chiusa e la bimba non c’è più.
Caronte mi appoggia una mano alla spalla. «Se non si salvano i bambini, chi mai potrà?»
 
***
 
Devo tenerla forte, per farla stare in piedi. la donna urla, si dimena: «Non è vero, non è vero!»
«Non scappare. Affronta la morte. Sei qui ormai.»
Le prendo una mano, mi guarda con occhi supplicanti, tristi. Com’è bella, mi ricorda mia moglie: ci somiglia anche, un poco. «Stai calma. Ci siamo qui noi.»
Le indico gli altri cercatori.
Si accascia al suolo. Piange.
Mi siedo accanto a lei. «Come ti chiami?»
Le labbra le tremano. «Flora.»
 
***
 
Mi carezza il viso e mi bacia, il suo alito sa di menta. Un angelo così, come può aver peccato in vita?
Sussurro. «Resta con me.» La porta è di fronte a noi, la scritta di fuoco mi brucia il cuore. «Non andare. Ho bisogno di te.»
I suoi occhi sono tristi. «Non ne posso più di aspettare.»
«Puoi, resta con me.»
Scuote la testa, mi accarezza una guancia. «Vieni con me.»
La luce ci avvolge, gli occhi mi bruciano. La mano di Flora mi tira in avanti. Mi tremano le gambe. Sparisce oltre la soglia, non molla la presa.
E se andassi? Se la seguissi?
La lascio andare con uno strattone. La porta si richiude. Le lettere di merda ardono, ridono di me.
Scoppio in lacrime.
Ti piace, giocare con noi. Vero?