Sopra le onde

La vendetta è una maledizione sia per chi la deve subire che per chi la deve perpetrare. Un racconto di Vilma Cretti.

 
Lascio la carcassa del pesce con cui ho banchettato con le viscere sparse sull’umido della sabbia e mi alzo in volo. Scivolo sopra le onde sfiorandone appena la superficie; ancora non mi sono abituato alla leggerezza, volo radente per stare vicino al mare, per sentire gli spruzzi salati colpirmi e rotolare via dalle piume. Mi viene incontro la notte con il suo abbraccio tetro. Pochi sanno che anche da vivo l’amavo, cercavo rifugio tra le sue ombre. Poi l’ho trovato. Un’ombra talmente grande che mi ha avvolto come un sudario.
Ho quasi raggiunto la mia destinazione: vedo la barca a vela dondolare placida nell’ansa solitaria. Il luogo perfetto per l’amore.
Manca solo la luna, i miei occhi sono in netto vantaggio.
Planando tra gli scogli, osservo il ponte: lei è seduta a tavola e la poca luce fa risplendere la pelle che il vestito lascia scoperta. Lui le sorride sopra il calice che spumeggia. Maledetto. Gli guardo le mani e sento ancora il coltello che mi ha spaccato il cuore in due, rivedo il lampo di feroce soddisfazione che gli spalanca gli occhi, la sferzata d’odio che gli attraversa il braccio e mi trapassa più della lama.
Marion gli parla in tono soffuso e non sono abbastanza vicino per sentire, ma lo vedo abbassare le palpebre. È la loro prima uscita in barca, ne sono certo: ho tenuto d’occhio il porto in ogni stagione dalla mia dipartita.
Mi avvicino, affondo gli artigli nella sabbia,
voglio sentire di nuovo la sua voce.
«È già passato un anno, domani… a volte mi sembra incredibile, lo sento ancora così vicino.»
È dolce, musicale. È quella che mi svegliava al mattino.
«Vero. Però bisogna saper voltare pagina, sei giovane, la vita ricomincia ogni giorno.»
Le sorride.
«Hai ragione, ma capisci? Non è facile con te davanti. Scusa, non volevo dire… è che siete così simili.»
«Ora non ci pensare, vieni. Siamo fortunati, non c’è luna. Stendiamoci sul ponte, le stelle sono una meraviglia.»
Una folata di vento mi porta il suo profumo.
Il cuore mi batte veloce, non so se riuscirò a spiccare il volo.
Ce la faccio e li osservo dall’alto, le mie ali si spiegano sopra le loro vite. La mia Marion dalla pelle di seta, le sue labbra che non potrò più baciare. Mi manca come l’aria.
Guardano il cielo nel silenzio perfetto della notte. Lui non sa di stare fissando la sua ultima fotografia. Allunga una mano a sfiorarle una spalla, poi il seno.
Concludo il cerchio prima di scendere in picchiata, mirando agli occhi. Sangue, urla, il mio grido stridulo che fende la notte.
Poi mi lancio in acqua a lavare un sapore che non riuscirò mai più a dimenticare.

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