Zero ispirazionale assoluto

Sistemo il pc sul tavolino.
Metto accanto la moka di caffè bollente e la tazza.
Sistemo le luci.
Mi siedo.
Sospiro.
Pagina bianca.
«Zero idee, eh?»
«Se mi venisse in mente qualcosa, non ti avrei chiamato.»
«Lo immagino» C. incrocia le braccia. «E… perché siamo qui?»
«In soffitta?»
«No, ad Urbino. Andiamocene in Sicilia: sai che odio il freddo.»
Io, invece, odio il suo senso dell’umorismo.
«Speravo che l’atmosfera mi desse qualche idea. Al momento, nessun risultato.»
«Beh, non importa: dai, metti mano all’Xbox. Tanto hai due settimane per scrivere, no?»
«Quattro ore.»
«Cosa?»
«Ho quattro ore per fare tutto» rispondo io, indicando lo schermo del pc. «È “Minuti Contati”, non lo Skannatoio.»
Avvicina la testa al pc, poi alza le spalle.
«Allora sono cazzi.»
«Vero.»
Prende uno sgabello e si siede. Il legno vecchio geme.
«Provato a vedere nella cartella delle bozze scartate?»
«Già fatto. Tutte idee inadatte o troppo complesse: Ho solo 3333 caratteri, titolo escluso.»
«Perfetto.»
Sospira. Mormora qualcosa con aria pensierosa. La pagina resta bianca per altri lunghi minuti.
«Qual è il tema?»
«Una soffitta.»
«E basta?»
«I personaggi devono starci dentro tra le nove di sera e l’una di notte.»
Chiude gli occhi. Riprende a mormorare.
«Ce l’ho! Un horror! I protagonisti giocano con una tavola Ouja ed evocano il demonio!»
«Idee originali, eh?»
«No, no, no: aspetta! Loro pensano di aver evocato il demonio, ma in realtà si tratta di un demone sumero che…»
«Klaatu barada nikto?»
Si ferma, con un’espressione a metà strada tra l’offeso e l’imbarazzato.
«Forse è meglio cambiare tema, già…» si gratta la testa. «Cosa ne pensi di uno slasher? Sono così retrò che fanno il giro e tornano ad essere di moda.»
«Mah.»
«Magai inseriamo una storia d’amore tra… tra un serial killer e il suo fidanzato zombie. Una vicenda di sangue e passione!»
«Bella.»
«Ti piace, eh?» fa lui, tutto orgoglioso. «Comincia a scrivere, dai.»
«Già fatto.»
«Quando?»
«Due mesi fa» apro un file di testo e gli indico il titolo. «Si chiama “Accetta e Romero”.»
Lui alza le mani in segno di resa. Restiamo in silenzio a guardarci. Il tempo ci rema contro.
«E se provassi con qualcosa di metatestuale?»
«In che senso?»
«Nel senso che tu non hai idee, no? Allora scrivi un racconto su di te che non hai idee» muove le mani in modo convulso, come un professore di filosofia che cerchi di spiegare il noumeno a gesti. «Mal che vada, la butti nel simbolico: la tua assenza di idee come paradigma della cultura moderna, ormai priva di stimoli… la gente ama queste stronzate.»
«Mi sa di già visto.»
«E tu prova a variare la formula con qualche elemento nuovo… una narrazione strana… un colpo di scena surreale…» si ferma qualche istante, poi schiocca le dita. «Un personaggio misterioso!»
«Ossia?»
«Un personaggio che interagisce con te. Tu ne tieni nascosto il nome fino alla fine e poi, BANG! Grossa rivelazione: è un personaggio conosciuto, che non può non essere apprezzato!»
«Come i… “personaggi bonus” dei videogiochi?»
«Esatto!»
Faccio spallucce.
«Mi sembra una pessima idea..»
«Oh, ma mai che te ne vada bene una!» sbotta C. «Sai cosa? Tu spreca pure tutta la serata a non combinare nulla: io vado a giocare a “The Sinking City”.»
Alza la botola della soffitta e comincia a scendere le scale.
«E dai, non fare così!» esclamo, alzandomi in piedi. «Non posso scrivere nulla senza di te, Cthulhu!»