Death Hold’em

Death Hold'em

[:it]Xavier Pilgrim capì di essere morto quando l’auto intorno a lui si cristallizzò nell’aria, con lamiere e frammenti di vetro immobilizzati nella posizione in cui trovavano nel momento fatale. Mentre ancora cercava di fare mente locale, una voce rombò intorno a lui: «Sai chi sono.»
L’affermazione non lasciava spazio per una risposta. E i dubbi di Xavier svanirono quando una figura solo vagamente umanoide, avvolta in un mantello color carne marcia, gli si materializzò davanti. I lineamenti della creatura erano invisibili sotto il cappuccio.
«Sai perché sono qui» proseguì.
Xavier deglutì. «Sei qui per me, vero?»
«Corretto. In questo momento, la tua vita si è esaurita. Ti condurrò a quello che ti aspetta, oltre la dimensione materiale. A meno che…»
L’essere non terminò la frase, e Xavier dovette incalzare: «A meno che?»
«Ti è concesso di sfidarmi. Se vincerai, ti restituirò la vita che ti apparteneva.»
Xavier considerò quella opportunità. Era davvero così? Poteva sfidare la Morte e batterla? Ma sapeva di non avere possibilità concrete. Perché se la leggenda era vera, l’essere gli avrebbe messo davanti una scacchiera. E quello non era un gioco in cui lui potesse ritenersi abile…
«Chi ha parlato di scacchi?» intervenne la Morte, evidentemente al corrente dei suoi pensieri. «Puoi scegliere tu quale sarà la nostra sfida.»
«Dici sul serio?» chiese stupito Xavier, senza ottenere risposta. Ma se era così, le cose cambiavano parecchio. Non aveva dubbi su quale gioco scegliere. «Poker» dichiarò. «Texas Hold ’em!»
Appena pronunciate quelle parole, tra di loro comparve un tavolino dalla superficie di panno verde, e un mazzo di carte fresco di stampa.
«La posta sono gli anni della tua vita» lo informò la creatura «quelli che hai vissuto e quelli che potresti ancora vivere. Ci batteremo in questo inframondo senza tempo fino a quando uno di noi avrà perso tutto. Comprendi cosa c’è in gioco, per te? Tutto.»
«Comprendo» confermò deciso. «Iniziamo.»
La partita si dimostrò subito intensa, ma nessuno dei due giocatori sembrava superiore. Gli anni e i mesi della vita di Xavier continuavano a passare di mano in mano, tra vincite consistenti e brevi e ripetuti stillicidi. Ogni volta che perdeva una mano, quando le fiches che rappresentavano la sua vita passavano nel gruzzolo della Morte, sentiva come se un peso gli sfuggisse dallo stomaco. Per un attimo si sentiva stordito, poi tutto tornava normale. Al contrario, quando vinceva, era come se aumentasse di qualche chilo di peso in un solo istante.
Non seppe mai quanto tempo la partita andò avanti. La Morte condusse un abile bluff che le consentì di accaparrarsi un piatto di diciotto anni, oltre a quelli che aveva già accumulato. Poi le carte furono distribuite di nuovo.
Xavier le osservò con attenzione.
Niente.
Non significavano niente, per lui. Cosa doveva fare. Come funzionava quel gioco?
Giocò la mano a caso, e perse clamorosamente. Lo stesso le successive due.
«Non capisco…» balbettò. «Io non…»
Anche se non poteva vederne il volto, seppe che la Morte stava ghignando. «Quanti anni hai, Pilgrim?»
Che domanda era quella? Cosa aveva a che fare col gioco? «Quarantotto» rispose cauto.
«E quanti ne hai persi, finora?»
Contò le fiches sul lato opposto del tavolo. «Ventinove.»
«E ricordi a che età hai imparato a giocare a poker
Xavier esitò. No non lo ricordava. Ma il tono della domanda faceva supporre che la risposta fosse diciannove.
«Capisci, Pilgrim? Hai perso la parte di vita che comprende questo gioco. E questo significa che hai perso la partita. Che hai perso tutto.»
La Morte stava ancora ghignando sotto il cappuccio rancido, quando diede le carte per una nuova mano.[:]

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