Grugniti

Quando Vania lo raggiunse, Sir Porco era collassato sulla sedia a capotavola, il boccale di legno che stringeva ancora in mano si alzava e abbassava a ritmo con il suo ventre strabordante e coperto di cicatrici, la folta barba rossastra era attraversata da un rivolo di bava incollaticcia e costellata di briciole e brandelli di carne masticata.
La donna vide l’occasione e la colse, quattro falcate la portarono dietro il cavaliere, fece appena in tempo a slacciare il coltello dalla cintola prima di sentire il boccale cadere per terra, nel tempo di un battito cardiaco la mano di lui le bloccava l’intero avambraccio.
Il gigante non era diventato capo di una compagnia mercenaria per caso, e quello che sembrava un maiale addormentato era già mutato in un aggressivo cinghiale.
Vania vide il suo mondo ribaltarsi mentre veniva proiettata contro il tavolino di legno, con la testa schiacciata tra un battilardo e i resti di interiora arrosto.
La zaffata alcolica giunse un’istante prima delle parole biascicate:
«Se fosse stato così facile sarebbe già successo una ventina d’anni fa, ma apprezzo il tentativo.»
Per quanto fosse grosso e pesante, l’uomo era abituato a combattere con altri rifiuti da torneo come lui, panzoni agili quanto scrofe pregne e abituati alla protezione di spesse lastre d’acciaio, gli arti snodati della donna erano tutt’altra cosa.
Vania torse la spalla abbastanza da raggiungere una forchetta ancora incrostata di lardo e infilò tutti i rebbi nella coscia dell’uomo, che lasciò la presa per un istante, abbastanza per liberarsi e fronteggiarlo faccia a faccia,
«Molto Porco e poco Sir», fece notare la donna indicando la vistosa erezione che spingeva contro le brache di pelle, poco sopra la forchetta ancora infilzata nella gamba.
Il capo mercenario proruppe in una risata rauca, ancora vittima degli effetti della sbornia.
«Il Re in persona mi ha poggiato la sua cazzo di spada ingioiellata sulle spalle, questo basta»
Si sfilò la forchetta dalla coscia come se non provasse dolore, Vania riuscì finalmente a impugnare la sua daga corta.
«Un bel temperino, non c’è che dire, lucido come la spada del Re. Non ha visto un giorno di combattimento.» grugnì ancora l’uomo.
Vania non aveva tempo per ascoltare le sue stronzate da avventuriero, si abbassò appena in tempo per evitare che l’uomo l’afferrasse ancora, gattonò tra le gambe di lui e una volta alle sue spalle posò la daga sul punto più in tensione delle sue brache.
«Scommetto che anche questo non ha visto molto uso.» gli sussurrò da dietro.
Sollevò la lama di qualche centimetro, abbastanza da affondare la punta sull’epe di lui e lasciare un ennesima ferita sulla pancia segnata.
Il porco si lasciò andare a una specie di gemito.
Vania lo prese per i pochi capelli che aveva sulla nuca e lo spinse giù, con la testa contro il tavolo, sapeva che per l’uomo resistere sarebbe stato un gioco da ragazzi, eppure non lo fece.
Gli prese le mani e le portò dietro la schiena, poi usò il coltello per liberare il laccio dai pantaloni, gli legò i polsi dietro le spalle mentre le brache cadevano a terra rivelando un culone pallido e l’erezione che cercava di nascondere piegando le cosce.
La donna si piegò su di lui, portandogli la daga sul collo.
«lo sai quanto sarebbero disposti a pagare per la tua testa quelli delle altre compagnie?»
Il porco piegò la testa per guardarla negli occhi, giusto in tempo per beccarsi uno sputo dritto in faccia.
«Per tua fortuna oggi ho altri piani» disse lei mentre riponeva il coltello nel fodero e afferrava i lembi della gonna, sollevandola fino alla vita e rivelando l’accessorio che portava sotto: un cilindro d’avorio affusolato tenuto in posizione da due cinghie di cuoio che le passavano attorno alla vita e sotto i glutei.
Il porco scattò in avanti sbattendo la testa sul tavolino.
«Non oserai far-»
La donna si spinse in avanti e si intrufolò dentro di lui.
Le gote del gigante si fecero paonazze mentre guardava la porta, pregando che nessuno decidesse di visitare la sala dei banchetti proprio in quel momento.
«Ho chiuso la porta, coglione»
Il porco abbandonò qualsiasi parvenza di resistenza e si abbandonò sul tavolino mentre la donna faceva i suoi comodi.
Girò lo sguardo per vederla con la coda dell’occhio, aveva il viso sudato incorniciato da lunghi capelli corvini, era bellissima.
«Ti amo Vania»
«Stai zitto e pensa a grugnire, stupido porco»
Essere la puttana dell’accampamento era il compito più difficile di tutti.