Alan e Rose. Sempre.

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«Siediti, ti devo parlare.» Alan attese che Rose si accomodasse sul divano e sospirò.
«Che è successo? Così mi fai preoccupare» disse lei.
Passeggiò nel salotto in cerca delle giuste parole.
«Allora?»
Alan le si sedette di fronte. Strofinò le mani sui pantaloni e la guardò dritto negli occhi. «Ho fatto una cosa…»
Rose gli rivolse uno sguardo carico di domande.
«Però stai tranquilla. Posso rimediare. Ti chiedo di non arrabbiarti.»
«Arrabbiarmi? Per quale motivo?»
Alan deglutì saliva amara. «Il mio lavoro.»
Rose appariva sempre più confusa. «Il tuo lavoro? Senti, non riesco a seguirti. Tu fai l’ingegnere… cosa c’entra il tuo lavoro?»
Alan si alzò e si spostò alla finestra, a braccia conserte. «Non sono un ingegnere.»
«Ma che dici?»
«No, un momento» temporeggiò lui. E si voltò. «Okay, provo in un altro modo. Mi crederesti se ti dicessi che ti ho uccisa?»
«Sei impazzito?» Si alzò anche lei. Gli si avvicinò. «Sono qui. Mi vedi? Come puoi avermi uccisa?»
Lui tirò su la manica e scoprì l’orologio da polso. Lanciò un’occhiata al quadrante. «Esattamente fra due minuti e quindici secondi scomparirai da questo universo.»
Rose indietreggiò impaurita.
«Non sono un ingegnere. TI ho sempre mentito. In realtà lavoro per l’Esercito; sono un fisico specializzato nella manipolazione degli stati quantici ad alta energia.»
«E che significa? Alan, non ti capisco…»
La abbracciò forte in uno slancio improvviso. Rose reagì titubante. Tremava. Era spaventata. «Scusami» le sussurrò all’orecchio. «Ho usato senza permesso il loro quantizzatore per modificare la nostra realtà. Volevo che fosse tutto perfetto, volevo che la nostra vita fosse migliore, ma ho fallito. Ho innescato un sovraccarico del tuo stato quantico in tutti gli universi collegati al nostro. Il fascio di realtà parallele si sta riequilibrando e tu sarai cancellata da ognuna di esse.» Si staccò da lei e guardò di nuovo l’orologio. «Mancano dieci secondi…»
«Perché?» pianse Rose, allontanandosi da lui. «Perché lo fai?»
«8… 7… verrò a cercarti sempre, te lo prometto… 4… 3… 2… 1…»
Rose perse consistenza e, semplicemente, non esistette più.
Alan riprese fiato e uscì di casa.
 
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«Siediti, ti devo parlare.» Alan attese che Rose si accomodasse sul divano e sospirò.
«Che è successo? Così mi fai preoccupare» disse lei.
Passeggiò nel salotto in cerca delle giuste parole.
«Allora?»
Alan le si sedette di fronte. Strofinò le mani sui pantaloni e la guardò dritto negli occhi. «Ho fatto una cosa…»
Lei gli lanciò un’occhiata interrogativa.
«Al diavolo! Sono stanco. Ogni volta è complicato ma adesso…»
«Alan…?»
Prese posto di fianco a lei. Le cinse le spalle con il braccio e la attirò a sé. «Non sono un ingegnere. Lavoro per l’esercito. Sono un fisico specializzato…»
Tacque. Continuare non sarebbe servito a nulla. La lasciò andare. Guardò l’orologio. Tre minuti. Forse aveva trovato l’universo giusto. «Ho incasinato tutto. Ti ho uccisa. Non ti arrabbiare.»
«Dico ma sei impazzito? Uccisa?»
Alan si alzò e si avvicinò alla finestra. Erano passati quattro minuti. «Quattro minuti. Ci siamo.»
Rose non disse nulla. Lui si girò.
Era sparita.
 
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«Non dire niente, ti prego, resta in silenzio» la esortò. Le si sedette di fronte e non smise di guardarla. Era bellissima. L’aveva sempre amata. Voleva che la vita con lei fosse il massimo che si potesse desiderare, ma aveva rovinato tutto.
«Alan, che succede?» gli chiese lei. Era tesa, impaurita. SI stropicciava le mani e di tanto in tanto si asciugava i palmi sudati sulla gonna.
«Dieci minuti.» Le sorrise. «La perfezione non esiste, Rose, in nessun universo. Ho imparato la lezione.»
Lei cominciò a piangere. «Perché lo fai?»
«Undici minuti» annunciò Alan.
Al dodicesimo minuto diventò trasparente. Scomparve di nuovo.
 
2
«Fidati di me» disse Alan. «È già passata un’ora.»
«E adesso che succederà?» chiese Rose.
«Non lo so. Per stabilizzarti ho dovuto apportare modifiche profonde agli stati quantici, e ho modificato anche il mio. Le conseguenze saranno imprevedibili.»
«Davvero mi hai cercata in centinaia di realtà?»
«Più o meno.»
Si abbracciarono sul divano. «È tutto così… incredibile» disse lei. «Ma l’importante è che tu sia qui vicino a me.»
Le diede un bacio sulla fronte. E in quel momento avvertì una strana sensazione di fiacchezza.
«Alan!»
Si ritrasse da Rose e si guardò le mani: la pelle sbiadiva velocemente. Una cupa dissolvenza scese sui suoi sensi.
 
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Aprì gli occhi. Era in piedi vicino alla finestra del salotto. Rose gli venne incontro agitata.
«Rose, che succede?»
Lei si fermò e gli indicò un punto opposto della stanza.
Un altro Alan li fissava dalla porta dell’ingresso. «Un minuto e mezzo» annunciò.
«E tu da dove arrivi?» disse Alan, incredulo.
«Mettetevi comodi, vi devo parlare.»