Il dono di Circe

Every man drank the wine she offered them
She was a witch in disguise and now they are beasts.
(“Circe’s Spell”, Kalidia)

 
 
Circe siede su un trono d’oro e avorio. È nuda e si offre al mio sguardo senza pudore, spalancando le cosce immacolate per me. Reclina il capo su una mano e si gira tra le dita un ricciolo corvino. L’altra accarezza il dorso flessuoso di una lupa.
– Sarai stanco per il lungo viaggio, figlio di Laerte. Lascia che ti offra la mia ospitalità – Un’ancella si inginocchia accanto a lei e le offre una coppa d’argento. Anche lei è nuda e una coppia di vipere le sono attorcigliate sugli avambracci. Circe prende il calice e me lo porge. – Assaggia questo vino: nemmeno l’ambrosia degli olimpi ha un sapore così dolce.
Afferro la coppa con la sinistra e le nostre dita si sfiorano. Lei mi sorride e scopre i denti, passandosi la lingua sulle labbra rosse.
– O forse è un altro il nettare che vorresti assaggiare?
– So cosa hai fatto, strega: non riuscirai a ingannarmi! – sguaino la spada e la punto contro di lei. – Restituiscimi i miei uomini o me la pagherai!
L’ancella si ritrae e la lupa emette un basso ringhio, ma Circe la calma accarezzandole la testa.
– Non sono più tuoi, Odisseo. Quando erano umani ti appartenevano come sudditi e appartenevano alle loro famiglie come mariti e padri. Ma come bestie appartengono solo a loro stessi – Si alza e muove un passo verso di me. La punta di bronzo dell’arma incontra la pelle tra i seni perfetti. – Perché vuoi privarli di questo dono?
– Un dono? Ma di cosa stai parlando?
– Immagina, Odisseo: niente guerre da combattere, mari da attraversare o campi su cui spaccarti la schiena per il nutrimento. Solo tu e i tuoi istinti – Circe preme contro la spada e la punta le apre un taglio nella pelle, facendo colare un rivolo di sangue. – Nutrirti quando hai fame, bere quando hai sete e accoppiarti quando i tuoi lombi si infiammano…
Il braccio mi trema. Lo abbasso, pur mantenendo il bronzo tra me e la strega.
– Gli uomini non sono fatti per vivere come bruti, ma per seguire virtù e conoscenza.
– E non è questo lo scherzo più crudele che Zeus abbia fatto loro? Rendergli gli unici animali che si costruiscono da soli le loro catene? – Circe muove un altro passo avanti e mi accarezza il braccio armato – La virtù riempie il cuore con il terrore del fallimento, la conoscenza spinge a una ricerca che non ha mai fine. Dov’è il posto della tua felicità in tutto questo?
Lascio cadere l’arma e lei mi prende tra le braccia.
Il suo respiro mi accarezza il torace.
Il suo profumo mi inonda. Non gli unguenti elaborati di Elena o le essenze di Penelope, ma un odore asprigno, che non so riconoscere. Mi inebria come il vino fermentato e accende la carne di desiderio.
Occhi neri come la notte senza stelle mi scavano fin dentro l’anima.
Cerco di spingerla via, ma le braccia non mi obbediscono.
– Penelope… – sussurro.
Circe mi afferra il volto tra le mani.
– Non sarà lei a renderti felice. Tesserai inganni e spargerai sangue per riaverla, solo per renderti conto che non basterebbero cento donne come lei a saziare l’ansia che ti agita il cuore.
I nostri corpi si stringono. Il suo cuore impone al mio il ritmo del battito.
Circe afferra la mano con cui stringo la coppa e la porta tra di noi. La piega, facendone zampillare il contenuto sul petto. I rivoli di vino incantato si mescolano al sangue che cola dalla ferita.
Ringhio e mi abbasso su di lei, leccando e succhiando entrambi i nettari che stanno colando sulla sua pelle.
Un calore ancora più intenso mi attraversa. Rantolo e cado a terra, atterrando non su mani d’uomo, ma sulle zampe di un felino dal pelo fulvo.
Ruggisco, dando sfogo alla fiamma e al desiderio che mi pervadono.
Circe è scomparsa. Al suo posto, un felino dal pelo nero e gli occhi brucianti di passione.
Il suo profumo… ora lo riconosco.
È l’odore della femmina pronta all’accoppiamento.