Un “Finestra sul cortile” all’italiana con la tragica ironia della vita a sostituire la componente thriller. Un racconto di Beppe Roncari.
Un Abito al quarto piano in un grande condominio di periferia a forma di U. È un complesso residenziale di classe A. Alcuni, ai piani alti, oltre a una vista mozzafiato, hanno anche la piscina. Quelle sono state le prime unità a essere prese, seguite dalle altre che guardano sul parco. Ma la verità è che questa non è una gran zona, per vivere. Moltissimi appartamenti, soprattutto ai piani bassi, senza vista, sono rimasti invenduti.
Tutti tranne uno. C’è una luce sempre accesa, al terzo piano, nell’ansa scura della U condominiale. Chi ci abita? E perché non spegne mai la luce?
Ora, non sono un pensionato paranoico, ma sono due mesi che sono costretto a casa da un problema che non mi aspettavo potesse cogliermi in giovane età e che non auguro al mio peggior nemico. Ernia al disco.
Anche alzarmi, il primo mese, era un dolore atroce. Ma non potevo neanche rimanere tutto il giorno a letto. Anche quello, a lungo andare, fa male, con questa patologia. Dovevo cambiare continuamente posizione e non riuscivo a mantenerne nessuna per più di un’ora senza dolore, nonostante i farmaci pesanti e vagamente dopanti (uno è a base di oppio) prescrittimi dall’ortopedico.
Lavorare non se ne parlava, e allora alternavo la visione di film (mi sono sparato l’opera omnia di Hitchcock) a un movimento disordinato per tutti gli angoli della casa, anche a notte fonda. Ed è così che ho notato quella luce accesa, tutte le notti.
All’inizio pensavo che l’appartamento non fosse abitato, ma una sera scorsi un’ombra passare davanti alla finestra scura del bagno e poi una figura emergere e fermarsi nel pieno della doppia porta finestra illuminata. Una donna. Completamente nuda.
Occhio non vede, cuor non duole, si dice. Ora, a me invece il cuore doleva eccome. Mi ero appena lasciato, brutta storia. Poi la casa nuova, il trasloco, sbollire la rabbia con la fatica, mi dicevo, e invece… tac! La schiena rotta. Letteralmente.
E neanche il sogno, di una donna, per tutti i mesi della malattia.
Ero quindi depresso e privo di sogni erotici, quando mi si materializzò davanti lei. Scevra di ogni pudore. Ogni notte continuò a offrirsi ai miei occhi. E io rimanevo nell’ombra, a spiarla, come l’uomo dalla gamba ingessata ne La finestra sul cortile.
Ma stasera ho acceso la luce, ho aperto la finestra e le ho gridato: – Ehilà!
Non ha risposto, ma ha alzato il viso, le è scappato un sorriso. E, come se fosse la cosa più naturale del mondo, ha girato su se stessa ed è scomparsa verso la camera da letto.
Sono fuori dall’appartamento ora, ho calcolato con precisione la sua porta. Squillo il campanello.
«Un attimo!» urla dall’altra parte.
Oddio non resisto… Sento un click. Ha spento la luce. Apre la porta…
«Sì?» Chiede. È completamente vestita. Non capisco.
«Ehi… là?»
Mi guarda con occhi che sembrano non vedermi. No. Non mi vedono proprio. Ecco svelato il mistero della luce sempre accesa.
«Ehm… Sono un vicino. Scusi il disturbo. Non è che ha dello zucchero da imprestarmi, gentilmente?»
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