La vecchietta alla fermata del bus

Una vecchietta, un bus all’ultima corsa, notte fonda, un giovane si propone di accompagnarla. Come andrà a finire? Un racconto di Ambra Stancampiano.

 
La vecchia signora resta immobile alla fermata del bus, seduta sotto la pensilina. L’ultimo 10N di stanotte le si ferma davanti, lei sembra non vederlo nemmeno. Guarda fisso una finestra del Comune, la luce è accesa. L’autista la guarda, poi fa scattare il segnale sonoro delle portiere; gli faccio cenno di aspettare.
«Non ha voglia di tornare a casa, signora?»
«Casa mia non andrà da nessuna parte.»
«C’è qualcosa di più interessante qui?»
«Qualcuno che lavora alacremente» mi dice ironica, indicando con lo sguardo la luce accesa nel palazzo di fronte.
«Eh, si sa che noi dipendenti del Comune siamo instancabili» replico agganciandomi alla sua ironia.
Lei alza un sopracciglio e mi guarda con interesse:
«Lei è un dipendente del Comune?»
L’autista dal bus sbuffa e mi fa cenno di sbrigarmi.
«Signora, è tardi; l’autista la sta aspettando, non sia scortese.»
«Davvero?» dice lei sorpresa «Oh, lo ringrazi da parte mia ma non è necessario; abito proprio qui dietro. Se è così preoccupato per la mia incolumità, può accompagnarmi lei…»
Sento il rumore del bus che riparte; l’autista mi manda a cagare dall’abitacolo con un gestaccio. Non posso rifiiutarmi. Mi affianco a lei, che avanza a passettini appoggiandosi su un bastone di alluminio e le offro il braccio. La vecchietta ridacchia:
«Ma che giovanotto galante.»
«Dovere, signora. Lei mi ricorda tanto mia nonna.»
Mentre lo dico penso che non è vero: mia nonna non aveva le braccia così muscolose. Be’, a furia di reggere tutto il peso del corpo col bastone…
«Deve essere orgogliosa di te. Sei un così bel ragazzo.»
Sospiro. Nonna mi manca ancora tanto.
«Purtroppo non c’è più, signora.»
«Oh…» Sembra sinceramente dispiaciuta. «Be’, sarà contenta comunque. Sei così giovane e già lavori al comune!»
«Sono solo il custode… non faccio mica granché: controllo chi entra e chi esce, spengo le luci…»
Il primo colpo mi prende in piena faccia, vicino all’occhio sinistro. Non me l’aspetto, quindi non riesco a reagire; cado per terra. Le bastonate continuano su tutto il corpo, sempre più violente, mentre lei strepita con voce arrabbiata:
«Vergognati! Sono settimane che controllo, quella luce non si spegne mai! Lo sai chi la paga quella luce? La paga tua madre, la pagava tua nonna e la pago anch’io!»
Sono le ultime parole che sento, prima di sprofondare nel buio.

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