Lo statale

Un portone in mezzo al cielo.
Pasquale mosse un passo ma non sentì la terra sotto i piedi. Guardò in basso. Stava camminando su una nuvola!
Dove si trovava?
Le lenzuola candide del letto dell’ospedale e gli allarmi del monitor erano i suoi ultimi sfocati ricordi, poi il buio più profondo si era spento in un mare di luce al cui centro… quel portone.
Avvicinò il pugno della mano destra per bussare, ma le ante si dischiusero prima di poterle toccare.
Dalla fessura fuoriusciva una luce che con l’allargarsi dell’apertura si faceva sempre più intensa tanto che Pasquale si coprì gli occhi per non rimanere accecato.
«Buongiorno anima, il mio nome è Pietro. Questo è il luogo al quale sei stata assegnata.»
Pietro? Che fosse davvero…
«S-San Pietro? Buonciorn’, mi chiamo Pasquale, non penzavo di… il Paradiso? Sul serio?»
L’espressione di Pietro gli trasmise una sensazione di bontà e appagamento mai provata negli 87 anni vissuti da comune mortale.
«Prego, entra pure.» San Pietro si spostò indicandogli l’ingresso.
«Mi scusi, prima di entrare, volevo chiedere… stanno qua i miei collechi? Sa, ero dipendente statale, lavoravamo in comune, eravamo un bel gruppo, ci pisciavamo sempre sott’ dalle risate! Sono arrivati qui prima di me, ci tenevo a rivederli, magari si organizza una rimpatriata…»
«Lo so lo so, sappiamo tutto quassù, ma… mi spiace Pasquale, i tuoi colleghi non sono qui, dovresti chiedere più giù…»
 
Dalla cima del Purgatorio la vista era mozzafiato. Un oceano infinito si estendeva su tutti e quattro i lati, sotto di lui le sette cornici gli ricordarono i terrazzamenti dei vigneti della Basilicata. Era come stare in cima a un’enorme torta nuziale.
Pasquale levò lo sguardo. Una serie di gradini portavano a un trono sul quale sedeva un angelo dalle grandi ali e che impugnava una spada che rifletteva i raggi del sole. Il suo volto emanava una luce così intensa da non farne riconoscere i lineamenti.
«Buonciorno, Arcancelo Gabrielo? È davvero lei?»
«Buongiorno anima, no, non mi chiamo Gabriele, il mio nome è Artamiel. Cosa ti porta in questo luogo? Non proseguire oltre, scendendo da qui non troverai altro che sofferenza.»
Pasquale guardò giù e rabbrividì. «Mi scusi Ardaniel. No, preferirei non scendere sa, ma vede, cercavo i miei collechi, stanno qua per caso? Sa, di sopra non li ho trovati…»
«Ah, lei è lo statale! Capisco… No, mi spiace, i suoi colleghi qui non ci sono, dovrebbe provare a cercare… più giù.» L’angelo indicò la base del monte.
«Ah, caspita. E… come ci arrivo giù?»
«Devi solo proseguire diritto e superare tutte le cornici, non puoi sbagliare.»
«Va… va bene, ma poi posso tornare no?»
«Certo anima, la tua destinazione eterna ti è già stata assegnata.»
 
Gli inferi. Due colonne grondanti sangue rosso vivo ne segnavano l’ingresso.
Pasquale ci passò in mezzo e ad attenderlo trovò una figura dai contorni sbiaditi e sfuggenti, alta, dalla testa allungata le cui protuberanze sparavano da tutte le parti. Aveva quattro braccia, due delle quali arrivavano quasi alle ginocchia. In mezzo alle ombre che componevano la sua faccia, due puntini rossi si accendevano, contornati da linee gialle.
«Buongiorno anima, cosa ti porta nel regno degli inferi?»
Era davvero lui, il Diavolo! Meno male che doveva essere il più bello tra gli angeli…
Pasquale deglutì. «Buonciorno, Lucifero, l’ancelo mi ha mandato qui. Sa, cercavo i miei collechi, eravamo proprio un bel gruppo sa… Facevano sempre un sacco di scherzi ma le assicuro, non erano cattivi, mi fa strano che stanno qua.»
«Ah, lo statale! Girava voce che saresti arrivato, ma tranquillo, non sei destinato a restare, questo non è il luogo al quale sei stato assegnato purtroppo. A meno che tu non ti perda…»
«No, infatti vostra maes… malignit… Vabbè lasciamo pertere… Stavo solo cercanto i miei collechi, avete per caso una mappa? Ci tenevo a reincontrarli, sa…»
Il Diavolo scoppiò in una rumorosa risata che rimbombò nelle orecchie di Pasquale manco fosse il subwoofer al concerto di Mimmo Cavallaro. «No, mi spiace, ma qui all’inferno non ci sono mappe. In ogni caso cercheresti invano, i tuoi colleghi non sono qui, dovresti cercare… più giù.»
«Più giù? Ancora più sotto dell’Inferno? Maronn’ mia! E che ce sta?»
«Massì dai… Più giù, alle macchinette!»