Lepridottera

Stanno al capezzale, lui e il ragazzo. E poi le donne bergaMaschie di contorno, buone a lamentare.
Il nonno sta crepando, è già dietro a scuffiare.
Le donne salmodiano, scratchano avanti e indietro le avemadonne sui dischi. Si fanno dissing, ehi bitch questo è per Novak, brutta troia.
Il vecchio è Novak, e Novak ha sempre gradito le bitches, lui se le poteva assoldare.
Muori, smorza fra sé Novak-figlio. Muori, prima che capiti l’annotaio.
“Novak”, dal cognome dell’atleta che nell’Era Open castigava gli avversari con la racchetta maranza. E invece ora, nell’Era Post-Nuka, era questo vecchio Novak a castigare, castigava le donne bergaMaschie a colpi di mazza, altro che racchetta. Gliela assoldavano, la scopata. In sella alla sua apecar tabbozza, svem svem arrivava e giù a fiocinare, seme purissimo nonostante il nuka che c’era in giro. E pagavano, oh se pagavano.
E Novak-figlio spera che crepi prima che arrivi l’annotaio, e invece l’annotaio arriva. Spiace, l’annotaio quel che scrive è legge, pochi cazzi.
«I parenti son pronti?» chioccia il figliodiputtana.
«Eh be’» butta lì Novak-figlio mettendo la mano sulla spalla di Novak-nipote.
«Allora cominciamo» scapicolla l’annotaio. «Per i poteri di cui sono investito seguito a far trincare al vecchio Novak l’ampolla sacra e mutagena del Dio Po. Extrema ratio in extrema vita.»
E giù a ingozzargli quella merda che sgocciola.
Il vecchio Novak geme, poi sbarra le viste e flippa le labbra. «Bröt diàol!» bercia.
«Lode a Novak!» scratcha una bitch.
«Vecchio Novak» l’annotaio annuisce. «Come previsto dalla lex bergaMaschia, il tuo patrimonio per il tuo desiderio. Novak-nipote eseguirà.»
«È una stronzata» supplica Novak-figlio. «Il ragazzo qui è troppo giovane. E quella merda che gli hai fatto trincare…»
«Silenzio!» sbotta il figliodiputtana. «Vuoi la grana?»
«Sì che la voglio.»
«Allora così sta. Sennò incameriamo tutto noi, per il Dio Po. E tanti saluti.»
«No no» fa Novak-figlio e gli sudano le culatte.
E sbirciano il vecchio Novak fatto come un cavallo che si palpa la mazza. «Voglio…» dice.
«Cosa?» bercia quello stronzo di annotaio. «Cosa vuoi, vecchio Novak?»
«…ciavarmi una lepridòttera.»
NO! urla Novak-figlio.
«E sia» grava l’annotaio. «Il Dio Po parlò. Hai tre giorni, Novak-nipote. Tre giorni per ascendere alle Alpi BergaMaschie, trovare una lepridottera, e fartela giù duro come Novak avrebbe fatto.»
«Non può!» sguaia Novak-figlio.
«Tu salirai con lui» gli fa l’annotaio. «Documenterai l’evento con diretta Instacam.»
Silenzio.
Novak-nipote stimida: «E se non ce la faccio?»
«Se non ce la fai» ghigna lo stronzo «incameriamo tutto il patrimonio del fecondo Novak. È legge.»
 
Trovano lo sbozzolo sulla chiusa del terzo giorno, che culo. Tre giorni che smattavano a cercarlo.
Squadrano lo sbozzolo appeso a un abete grosso così accanto a un burrone, la corteccia smarza di resina e piscio di bestie mutate.
Che adesso che lo sa, il Novak-figlio ci verrà a caccia. «Bröt diàol» sputa.
«C’ho caga, papà.» Il ragazzo è burbetta.
«Pensa ai soldi, pensa ai soldi. Vuoi lasciarli all’annotaio?»
«Ma c’hai campo?» chiede il ragazzo.
Lui alza il videofono. «Campo ce n’è a strafottere. La diretta Instacam la facciamo.»
Si avvicinano allo sbozzolo.
 
Ora, il modo migliore per fottere una lepridottera è beccarla prima che sfagioli. Tutti lo sanno, perché sennò poi mette zanne, ti zippa il pacco e tanti saluti. Perciò cutti lo sbozzolo, la smorbidi fuori che senti il pelo ancora sfriccico, la giri col musetto dall’altra parte.
E poi be’, te la inculi.
E il difficile viene mentre stai cosando, perché il bello e il brutto è che t’ottenebra. Per forza che piaceva al vecchio Novak. Perché la frizza della lepridottera ti fa salire la botta che nemmeno al NumberOne giù a BresciaMerda. Ti senti come in Sala Due, ti dà una sgasata che non ci sei più, ma proprio un sega, smascelli, perdi vista, snaso e suono, ti imballa di brutto.
Novak-padre questo lo sa, tiene a vista il figlio col videofono, e appena smascella lo catterà e lo tirerà da parte. Però intanto fa la diretta, il figlio ora se la bomba come un peluche che squittisce e cazzo sì, avranno la grana del vecchio Novak.
Poi il casino.
C’è una tagliolazza giusto lì, e il padre ci imbusta la gamba. Uno sbordata metallica e lo stinco si cracca.
«Zio bono!» Che non è quello che ha boiato, sia chiaro. Ha boiato molto di più.
Cade il videofono e lui pure, s’aggancia alla gamba craccata, c’è sangue che fiotta.
«Fiöl!» gli grida. «Fiöl!»
Ma quello sta a scopare il peluche, scopa e già scuffia, non vede e non sente. E ciondola.
Doveva legarlo. Qui ora s’accoppa, s’accoppano in due.
«Fiöl!» urla. «Bröt diàol!»
Ma quello c’ha strade sue, non capisce più una togna. E lo squadra andare verso il burrone. Incespica, ma ci va, bello dritto, con la lepridottera sulla mazza che sembra uno swiffer.
«Fiöl!»
Poi vede il giovane scomparire così, culo all’aria, mezzo biotto come mamma l’ha mezzo fatto.
E ora di roba rossa dalla gamba intrappata ne flusha a fiotte. Fanculo Novak, pensa.
L’annotaio incamera tutto.