Il Dio dell’amore

Settimo classificato nella Sara Bilotti Edition, 145° All Time, un racconto di Marco Roncaccia.

 
Lui abita nella palazzina di fronte alla mia, un piano sopra, ed è un apostolo del bricolage.
Biondo con i capelli corti, un po’ stempiato, alto, leggermente in carne, sulla quarantina, impiegato, separato.
Possiede un vasto assortimento di attrezzi e si mette all’opera in jeans e a torso nudo d’estate, o con una vecchia felpa della Nike d’inverno, a piallare, fresare, smerigliare, trapanare, segare, sempre alle ore 16.
Perché alle 16 lei rientra dal lavoro e lui vuole farsi vedere imperlato di sudore, sporco di grasso o di segatura o di smalto, da vero maschio alfa.
 
Lei abita al piano sopra di me, curvilinea, bassina, lineamenti dolci, porta con fierezza un balayage nero e castano, indossa i tacchi sempre, anche quando è sola in casa, fa la cassiera in un supermercato, sulla trentina, single.
Quando rientra dal lavoro si occupa della casa. Per prima cosa ritira i panni stesi. Poi avvia il suo personale concerto fatto di aspirapolvere, vaporella, lavastoviglie, lavatrice alternati al ticchettio dei tacchi. Poi mette a cuocere qualcosa per la cena e odori di spezie, di soffritti, di arrosto, si disperdono nella via.
Alle 17, indossa una di quelle vestagliette che simulano il panno smesso e casalingo ma che in realtà, grazie a un utilizzo oculato di leggi fisiche, contenendo qui e sollevando lì, disegnano alla perfezione curve, con trasparenze strategiche che regalano all’osservatore dirimpetto un gioco di trasparenze del tipo vedo e non vedo. Esce in terrazzo e stende il bucato
 
C’è sempre uno scambio di battute del tipo:
 
«Che profumo! Cosa prepara di buono?» Lui
«Niente di che, un cous cous di curcuma e gamberi» Lei.
 
Oppure:
 
«La vedo molto concentrato cosa fa di bello?»
«Niente di complicato. Sto rifacendo la filettatura ai flessibili della caldaia»
alle 17.05 rientrano nelle rispettive abitazioni.
 
Ho pensato, Cupido ha gioco facile, i suoi dardi andrebbero a segno anche se scoccati a occhi chiusi.
Eppure da un anno, da quando abito in questo appartamento, il gioco non va oltre l’esibizione della riparazione, della smacchiatura, della verniciatura, della piegatura di panni.
 
«Vorrei spargere il cous cous sui tuoi seni e toglierti la curcuma dai capezzoli con la lingua»
«Oh si filettami i flessibili della caldaia, qualsiasi cosa significhi»
Sembrano pensare quando si incontrano al portone qui sotto e si scambiano un saluto con lo sguardo trasognato.
Eppure non è successo mai niente. Sentirli darsi del lei, peraltro mi irrita decisamente.
 
Ogni giorno alle 16 in punto riparte il mix di lavastoviglie, trapano, aspirapolvere, frullino.
 
Per questo ho deciso di sostituirmi al Dio bambino nudo e alato.
 
Ho misurato in strada la distanza tra le due palazzine e ho comprato un’asta telescopica di circa 8 metri.
Ho aspettato le ore 17 del primo giorno ventoso con il cielo sereno, ieri, e mi sono appostato dietro le persiane della mia finestra.
 
«Che profumo di pulito» ha fatto lui
«Sto usando un nuovo ammorbidente, sono contenta che si senta. Di che colore pitturerà quei termosifoni?» ha detto lei
«Ho uno smalto indaco, si intona bene con la tappezzeria» Ha risposto lui.
Poi i due piccioncini, come ogni giorno si sono ritirati in casa a pensare a “quanto sarebbe bello se…”
Ho agito in fretta. Ho estratto l’asta telescopica e l’ho regolata a tre metri e mezzo, poi ho aperto le persiane, ho scelto le mutandine più sexy tra quelle appena stese sopra di me , un perizoma nero di pizzo, e, con un leggero colpo dell’asta, le ho sganciate dal filo.
Ho regolato di nuovo l’asta, stavolta a 8 metri e ho fatto in modo di incastrare il tanga tra gli elementi del radiatore appena smerigliato da lui.
 
Oggi pomeriggio alle 16 lei è uscita per ritirare la biancheria e lui per verniciare il termosifone.
«Devono esserle volate queste» ha fatto lui afferrando delicatamente le mutandine.
«Oh! Mi dispiace Le vengo subito a prendere» ha cinguettato lei.
 
Sono il Dio dell’amore! Mi dico.
Guardo al piano di sopra, nel balcone della palazzina di fronte i vicini stanno vicini vicini, appoggiati alla ringhiera tra risatine, gridolini e schiamazzi gioiosi.
Pregusto il primo pomeriggio di silenzio da un anno a questa parte.
Apro di nuovo le persiane, una freccia incoccata, l’altra nella faretra e punto il mio arco di precisione verso l’alto.