Caccia alla penna

E dire che cominciava a piacermi stare qui: bella gente e mai una serata noiosa.
«Benvenuto» mi aveva detto Mary appena arrivato «Qui ci si diverte, a dispetto di quello che pensavamo quando eravamo dall’altra parte.»
Poveretta. Quando quell’energumeno rappezzato ha finito con lei, non si capiva più qual’era la faccia e quale il sedere.
Imbocco il vicolo e mi ritrovo nella piazzetta rischiarata dall’eterno crepuscolo.
Herman è seduto sul ciglio del fontanone coi piedi ammollo.
«Ehi!» alza un braccio appena mi vede.
Vecchio stronzo barbuto, guardalo com’è rilassato: a lui basta stare alla larga dall’oceano e non corre pericoli.
Mi avvicino. Poco distante le sue ginocchia, il corpo di Bram galleggia pancia all’aria tra gli zampilli.
È pallido come un cencio e sul collo ha due buchi scarlatti. Quando è…
«È successo un’oretta fa» Herman mi legge nel pensiero e non mi sorprende; tutti noi siamo stati maestri nell’entrare nelle teste degli altri per rubare il peggio dell’essere umano e infilarlo in Loro per l’altrui diletto.
A essere onesti, non sono da biasimare se si sono incazzati così tanto e ci sono venuti a cercare fin qui.
«Non pensare di andare da William a nasconderti» continua Herman indicando il villino inglese poco lontano «hanno stanato pure lui. C’erano proprio tutti: i due adolescenti, l’antico romano, lo sciroccato con il teschio in mano, il negretto…»
Un colpo di pistola.
Sul lato opposto della piazzetta, Agatha barcolla e cade ai piedi di un ometto grassoccio con i baffetti unti, la pistola in mano fumante.
«Carlo.» miagola Herman con tono divertito, il dito consumato da una vita da marinaio punta qualcosa alle mie spalle.
Mi volto.
Il vestituccio di carta fiorita.
Deglutisco.
I pantaloni lunghi fino al ginocchio.
Comincio a tremare.
Il cappellino di midolla di pane.
«Io…io…» balbetto.
«Tranquillo.» mi consola la marionetta che tutti, finché sono stato in vita e pure dopo, hanno erroneamente chiamato burattino. «Non soffrirai molto.»
Il naso gli cresce di una spanna.