Il mestiere del chiamato

Finalista nella Scilla Bonfiglioli Edition, 147° All Time, un racconto di Wladimiro Borchi.

 
Un trillo lo strappò al sogno. Si mise seduto con la testa ancora annebbiata. Sentiva le mutande impiastricciate e l’erezione sugli attenti. Cazzo, ancora! Lo schermo dello smartphone brillava sulla cassapanca in fondo ai piedi. Ruotò il busto fino a capovolgersi e si lasciò cadere di nuovo sul letto, allungando le braccia dietro alla testa.
Agguantò il telefono e l’appoggiò all’orecchio.
«Pronto, vaffanculo chiunque tu sia!»
La linea pareva disturbata.
 
«Quando il male si manifesta si forma come un campo elettrico.
Alcuni strumenti possono registrarne la vibrazione nell’aria.»

 
«Marco, sono io: Sergio. Lei è qui, è tornata, lo sento!»
Le parole erano interrotte dal gracchiare della corrente. Inutile chiedere altre spiegazioni.
«Dove sei?»
«Sono da me. L’ho sentita strisciare fuori dalla porta. Sento raschiare sul pavimento del corridoio. È qua fuori, non ci metterà troppo a entrare. Stavolta è finita!»
Marcò saltò dal letto e iniziò a indossare i calzoni «Metti qualcosa davanti alla porta, volo!»
 
«Quando un modello V1R viene attaccato da un Mantis avete meno di mezz’ora per intervenire.
Nella maggior parte dei casi arriverete tardi.
Questo è il motivo per cui un “chiamato” non deve mai affezionarsi…»

 
Indossò la camicia scendendo le scale due a due. Perse l’equilibrio sull’ultima rampa. Per poco non si spaccò la testa contro la corsia dell’alveare. La cella di Sergio era la sesta a sinistra.
Con un balzo era di nuovo in piedi. Iniziò a correre, con le vene che gli scoppiavano nelle tempie e i polmoni che sembravano esplodere.
Una, due, tre...
Ce la poteva fare: lo avrebbe salvato, contro ogni statistica, con o senza il benestare del Prof. Arona e le sue lagne sull’etica del “chiamato”.
Quattro, cinque…
 
«Ricordate sempre che il mantis è traditore, bugiardo e assassino.
Userà qualsiasi stratagemma per soggiogarvi!»

 
Sei…
La porta della cella era spalancata.
Il pavimento era rosso, come se qualcuno ci avesse fatto cadere un intero secchio di vernice.
Il mantis era in piedi davanti alla cuccetta: nudo, con i seni rotondi e gonfi coperti di sangue, il bacino di Sergio ancora stretto tra le cosce. Del ragazzo restava solo la parte inferiore, con brandelli di intestino che cadevano lungo le natiche come bruchi vermigli.
Il demone fissò Marco con occhi smeraldo e gli lanciò contro una sfera bitorzoluta.
«Cercavi questa?»
La voce era una melodia di fate.
 
Il mantis ha l’aspetto di una donna di una bellezza inimmaginabile e
un corpo che è lussuria fatta carne.
I suoi pensieri sono perversi e dalla sua bocca stillano parole di desiderio.

 
Marco l’afferrò al volo: era la testa di Sergio, che lo fissava con espressione beata.
Un groppo gli salì alla gola. Si impose di non piangere.
«Che cosa gli hai fatto, puttana?»
La donna si accarezzò dolcemente i capezzoli, allargando le gambe e lasciando cadere a terra il pasto lasciato a metà: «Nulla che lui non abbia voluto, dall’inizio alla fine.»
Fiutò l’aria dinanzi a sé, come una cagna in calore.
«Hai le mutande bagnate, ne sento l’odore. Vieni,» Allungò le braccia «c’è posto anche per te, quaggiù» e ammiccò al proprio sesso lucido di umori.
Marco estrasse il pugnale rituale dalla cintola e glielo puntò alla gola.
«Sto per mandare altra di merda all’inferno. C’è un sacco di posto anche lì!»
Gli occhi della donna cambiarono espressione e si tinsero di un velo grigio. Due lacrime pesanti le rigarono le guance: «Hai vinto, Uccidimi! Serviamo solo a questo io e te: ad ammazzare. Io almeno lo faccio per vivere, per nutrirmi. Tu uccidi per vendetta. Chi è il vero malvagio?»
Marco si sentì stordito.
Il mantis può scegliere? O lo puniamo per peccati che non può rinnegare? Per un bene che non può preferire, per essersi discostato da una via che non può percorrere?
Le sue riflessioni furono interrotte dalla mano artigliata della donne che si infilava a forza nella sua pancia. Era come se i denti di cento topi lo divorassero dall’interno.
Urlò, mentre altro sangue bagnava il pavimento, scorrendogli caldo fra le gambe.
«Peccato, ci potevamo divertire.»
Il demone appoggiò le labbra sulle sue e iniziò a succhiare via il rosso che gli gorgogliava dalla bocca.
 
«Non perdonate mai!
È solo colpa del perdono, della nostra umanità, se i malvagi controllano la terra!»