La Corruzione

Andrea saggiò con un piede l’asse dei gradini fuori alla porta di casa. Il legno gemette, si incurvò sotto il suo peso, Andrea arretrò.
La Corruzione era arrivata anche lì.
Dovette spingere forte per sentire la serratura scattare, l’umidità aveva gonfiato lo stipite, nell’angolo un grumo di muschio di un livore tumorale si stendeva come un lungo dito verso le macchie nere del soffitto.
Diede due giri di chiave, ormai anche i ladri non esistevano più, ma era più facile ammazzare un paese intero che un’abitudine ben radicata.
Andrea e Guido una volta in quella casa ci abitavano con i genitori. Guido era il fratello maggiore, quello che aveva sempre fatto tutto per primo. Si passavano un paio d’anni, ma due anni quando si è ragazzi sembrano un abisso. Il primo ad avere la bicicletta, il primo a baciare una ragazza, il primo dei due che aveva scopato. Guido alla fine era stato anche il primo ad ammalarsi, ad Andrea la Corruzione ancora non l’aveva preso, era stato più prudente, quando ancora si poteva fare attenzione. Guido no, era sempre stato più spavaldo, qualcuno avrebbe detto più coraggioso, come l’avesse accettato nel contratto per venire al mondo, che con ogni probabilità sarebbero stato il primo anche a morire.
Andrea si accostò allo stipite della camera di Guido e guardò dentro. Il fratello stava cercando di sintonizzare una vecchia TV trovata in cantina.
“Questo funziona, te lo dico io. Una volta le cose le costruivano che dovevano durare.”
Andrea guardava il fratello e non riusciva a staccare lo sguardo dal suo occhio cieco, grigio e fisso come quello di un pesce al mercato. La palpebra gli cascava insensibile, un grappolo di piccoli funghi stava cominciando a ricrescere sotto la curva del sopracciglio, nel punto dove Andrea gliel’aveva strappati via giorni prima. Sulle guance la pelle era di colore grigio, aveva cominciato a perdere i capelli e anche i denti. Seduto davanti al Mivar a tubo catodico, indaffarato a regolare un’antenna più vecchia di lui, dimostrava settant’anni ma ne aveva appena trentatré.
Guido alzò lo sguardo e si accorse del fratello che lo spiava dal corridoio. Andrea aveva il sospetto che stesse diventando sordo oltre che cieco.
“Cosa ci fai lì? Quelli del razionamento acqua non aspettano mica, quando se ne vanno se ne vanno e noi…” fece il gesto di tapparsi il pugno con il palmo dell’altra mano.
Andrea scosse la testa: “Non si può più scendere. La scala non regge.”
Guido si rimise ad armeggiare con l’antenna: “Regge. L’ho montata io quella scala. Fila. Sbrigati.”
“È marcia ormai. Scricchiola.”
“Ho detto fila!” anche la voce di Guido cominciava a diventare roca. Presto avrebbe cominciato a non riuscire più ad alzarsi da solo, poi avrebbe cominciato a perdere i pezzi. Come papà, come la mamma.
“E io ti ho detto che non lo rischio l’osso del collo perché tu sei convinto che passino ancora quelli con i camion dell’acqua. Hai sentito le sirene? Gli altoparlanti con quelle schifose marcette? Il rumore dei motori? Non c’è più nessuno là fuori!”
Guido sputò sul pavimento sporco di muffa e polvere. Tremava di rabbia e anche l’occhio morto sembra rinvigorito dalla scintilla che splendeva in quello sano.
Quando era cominciata nessuno se n’era accorto. La Corruzione era roba da grandi centri, gangli di potere e soldi a cui la gente comune era immune. Poi un giorno anche il loro padre era tornato a casa dal circolo con le dita sporche di qualcosa che sembrava grasso. Ci avevano pure riso sopra.
A poco a poco era ovunque. Anche le piante morivano, prosperavano soltanto la muffa, il muschio, saprofiti nerastri che non morivano nemmeno se cosparsi di trielina.
Lo schermo della televisione fiorì di immagini e nello stesso momento il ritmo di una di quelle marcette ministeriali si sparse per la stanza. Guido si illuminò in volto.
“Visto? Te l’ho detto! C’è ancora qualcuno, c’è ancora lo Stato! Non siamo ancora soli!”
Alla televisione scorrevano le immagini di un TG già iniziato: “…respinti gli assalti di un gruppo di facinorosi contro i convogli di acqua e provviste del Governo per le zone più colpite dalla Corruzione. In mattinata è stata completata la bonifica di un altro centro di accoglienza clandestini responsabili più probabili dell’epidemia di Corruzione che sta mettendo a dura prova la salda e dura tempra del resiliente pop…”
Lo schermo inciampò in un motivo a neve per quattro cinque volte, telegrafando dalla voce dello speaker spezzoni di frase prima di spegnersi del tutto.
Il sorriso speranzoso di Guido si sciolse sul suo volto come i colori da una tela bagnata: “Non siamo… Soli… Non siamo soli, Andre… il Governo, gli aiuti…”
Con la mano batteva timidamente poi sempre più forte sul lato destro del Mivar.
Andrea si volse, scese lungo il corridoio verso la cucina. Tentò di accendere una sigaretta sfilata dal pacchetto, ma la colla non teneva. Guardò fuori le luci del tramonto che coloravano il grigio sfacelo della strada e i muri delle case fuori.
Solo, presto sarebbe stato completamente solo.