L’ombra del destino

La luce dei neon danza sulle due carte che tengo fra le dita: una coppia di donne.
Il cuore batte così forte che ho il dubbio possano sentirlo tutti gli avventori di questa sudicia bisca di Monza.
Il tipo dall’altra parte del tavolo sorride.
Il flop non è stato generoso: un due, un quattro e un otto sul tavolo. Il croupier gira la carta del turn: un’altra donna.
Ho un tris. Proprio come quella volta a Villa Pliniana. È un segno del destino. Vado!
“All in” annuncio con voce più ferma possibile.
Spingo tutte le mie fiches verso il centro del tavolo. Sono gli ultimi risparmi. Il cuore batte ancora più forte. Stai calmo.
Il tipo ghigna. “Ci sto.”
Cos’hai per ridere tanto?
Lui cala un cinque e un sei; io le mie donne.
Il croupier svelto distribuisce l’ultima carta: un tre di cuori.
Il mio cuore si ferma. Il bastardo ha fatto scala. Ho perso tutto.
 
***
 
Apro gli occhi confuso. Dove sono?
Il mal di testa mi confonde. Cerco qualche riferimento e riconosco il mio salotto. La finta pelle della poltrona che Laura mi ha lasciato dopo il divorzio mi mette un po’ di sicurezza. La odiava così tanto che nemmeno l’ha nominata dall’avvocato.
La luce è rimasta accesa tutta notte. Chi se ne frega.
Due bottiglie vuote di scotch sul pavimento mi ricordano cosa ho fatto ieri sera: sbronzarmi. Cos’altro avrei dovuto fare dopo quella partitaccia?
Hai fatto bene a lasciarmi, Laura. Sono un perdente. L’unica partita che ho vinto è stata quella con Roberto quando ci siamo giocati la tua mano. Un tris di donne anche allora. Che figlio di puttana il destino.
Mi accorgo che l’attaccapanni crea una strana ombra sul tappeto che ricorda la sagoma di un uomo.
“Ciao perdente.”
È la voce di Roberto! Quella è l’ombra di Roberto?
Mi riprendo. Non mi scompongo. Sono ubriaco marcio. Sono cose che capitano.
“Non dovevi ammazzarti Roby. E soprattutto non dovevi spedire quella lettera a Laura prima di farlo. Le hai spiattellato tutto. Non si fa così a un amico. Avevi promesso.”
L’ombra ondeggia e dice: “L’amavo troppo. Più di me stesso. L’ho incontrata qualche volta dopo il vostro matrimonio e non era felice. Con me lo sarebbe stata.”
“Se avesse voluto così il destino non avresti avuto una coppia di fanti a Villa Pliniana. I patti erano chiari.”
“Non avrei dovuto giocare quella stupida partita con te. Meglio perdere un amico che la donna che si ama.”
“L’amavo anche io!”
“Dici? Le hai promesso che non avresti più giocato e hai continuato a farlo. E poi l’hai chiamata Lara!”
“È stato un errore! Non ho amanti. Ero stanco e nervoso. Ho provato a ricucire il nostro rapporto dopo quella tua lettera, ma non ci sono riuscito. Il gioco era l’unico modo per scacciare il dolore. Se mi avesse amato abbastanza…”
 
***
 
Apro la finestra e salgo sul davanzale. Cinque piani dovrebbero bastare. Mi volto verso l’ombra di Roberto. Mi perseguita da tre mesi. Non ce la faccio più.
L’ombra ormai gigantesca si fa spazio fra le bottiglie e si allunga verso di me. Mi sfiora il piede. Perdo l’equilibrio e cado all’indietro. Il vuoto… mi accoglie.