BRUTTACOPIA

La fortuna, o la sfortuna, di essere un sosia. Quinto classificato nella Quarta Edizione della Quinta Era con Gianluca Morozzi nei panni della guest star, un racconto di Raffaele Marra.

 
«Ti hanno visto scaccolarti. Pensi che un ministro possa scaccolarsi su un balcone?»
Ovviamente non rispondo.
«Bruttacopia, lo capisci che se non fai come ti dico per te la pacchia finisce?»
Annuisco e confermo. Il ministro si gira e fa l’occhiolino a Senzavoce che, al solito, non batte ciglio. Poi mi sorride e, mentre strizza le mie guance, torna al suo vecchio ritornello: «che fortuna che c’hai avuto tu!»
 
Eccola qua la mia fortuna: dormivo su un cartone sotto a un ponte, una sera apparve Senzavoce, mi invitò a salire in auto, ci salii. Non è che avessi granché da perdere, e almeno là dentro avrei sentito un po’ di caldo.
Da allora vivo in un appartamento ai Parioli. Lo so, non sono libero di uscire quando vorrei, ma in cambio ho un letto pulito, colazione, pranzo e cena, e una TV con decoder. Il mio compito è quello di farmi vedere di tanto in tanto al balcone, oppure in giro, oppure a qualche inaugurazione: un saluto con la mano, un sorriso muto, una foto e via. Al mattino Senzavoce, che vive con me anche se non mi rivolge mai la parola, mi consegna un biglietto con gli orari e io eseguo, senza fare domande.
Ho imparato presto, dice il ministro quando non è incazzato con me.
Io, che gli somiglio davvero tanto, sono la sua controfigura, l’immagine rassicurante che fotografi, giornalisti e curiosi vari devono vedere mentre lui agisce nel segreto. Non so bene a cosa gli serva questo inganno: è rispettato, è temuto, è sposato. Certo, a volte noto un po’ di ansia, di circospezione, di nervosismo. E dicono che abbia ricevuto delle minacce. E dicono pure che se la faccia con la splendida Lisa “Qualcosa”.
Ma, più di tanto, non so.
 
«Senti, Bruttacopia, devi fare un servizio speciale per me.»
Siamo in auto, è notte, e ho un brutto presentimento.
«C’è un imprenditore a cui devo un favore. Vuole il mio culo. Gli daremo il tuo, ok?»
Stavolta non annuisco.
Resto immobile a sentire il vulcano che si gonfia dentro di me. Lo sguardo va sul portaoggetti: la pistola di Senzavoce è sempre carica, e il vulcano esplode violento. È un attimo: apro il portaoggetti, afferro l’arma, due spari veloci, uno a sinistra alla testa di Senzavoce, uno dietro verso il ministro. Poi l’auto, senza guida, sbanda nella notte.
 
È domenica mattina e Lisa “Qualcosa” dorme ancora. Le bacio il seno ancora nudo, quindi vado in bagno.
La donna, come la gente là fuori, sembra essersi abituata al “mio” cambiamento.
È un po’ diverso, ultimamente, dicono.
Parla in modo strano, sembra un’altra persona, dicono.
Certamente lo shock per l’incidente, dicono.
Io annuisco e confermo. E ripenso al volo nella scarpata, allo sforzo di mettermi in piedi e seppellire il corpo del vero ministro.
Un attentato non riuscito del tutto, dicono i magistrati. Io annuisco e confermo.
Sono in bagno e mi guardo allo specchio. È in momenti come questi che mi sembra di rivederlo ancora in vita. È in momenti come questi che alzo le mani e, mentre mi strizzo le guance, sussurro: «che fortuna che c’hai avuto tu!»