Lo spettacolo più grande

Pazienza e sacrificio… E come per incanto, ecco la vita. Secondo classificato nella Terza Edizione della Quinta Era con Francesco Troccoli nelle vesti di guest star, un racconto di Raffaele Marra.

 
Quel mattino, con la cartella rotta in una mano e duecento lire per la colazione nell’altra, Ninuccio cambiò strada. Si lasciò la scuola alle spalle, superò la piazza di Santa Lucia e lo vide.
Il tendone rosso si innalzava al cielo come una vela pirata, e lui si sentiva pronto a salpare. Corse raggiante fino all’ingresso.
«E quanta fretta», esclamò un giovanotto che se ne stava poggiato al cancelletto.
«Voglio entrare».
«Fatti accompagnare stasera da tuo padre. Solo duemila lire.»
Ad averceli, un padre e duemila lire…
Ninuccio si fece triste. Poi sollevò il capo e guardò il giovanotto negli occhi.
«Voglio stare con voi. Sono bravo.»
«E che sai fare?»
«Tengo la sedia sul naso, in equilibrio.»
Il giovanotto rise. «Vediamo», e gli lanciò un piccolo sgabello da marmocchi.
Ninuccio lo sollevò, lo posò sul naso e lo fece cadere un attimo dopo.
«Ci vuole pazienza. E sacrificio. Molta pazienza e molto sacrificio», replicò il giovanotto chinandosi a raccoglierlo. Lo vide allontanarsi dietro il tendone con lo sgabello perfettamente in equilibrio sul naso.
Pazienza e sacrificio.
Ci provò fino a sera, e per tutta la notte. Il giorno dopo il circo era andato via e con esso lo strano giovanotto dal sorriso cordiale. Lo spettacolo avrebbe fatto a meno di lui.
Lo rivide vent’anni dopo, per puro caso, tornando da lavoro.
«Mi ricordo di te», gli disse avvicinandosi al tendone rosso. Il giovanotto era un uomo elegante, vestito da direttore del circo. Ninuccio solo un marito e un padre.
«Voglio venire con voi», continuò Ninuccio amaro in volto.
«Pazienza e sacrificio», ribadì l’uomo con la stessa espressione di un tempo. Ninuccio annuì. Sollevò lo sgabello che attendeva davanti al cancello, lo tenne qualche istante sul naso, poi lo fece cadere. Abbassò la testa e abbandonò il sogno.
Pazienza e sacrificio.
 
Ninuccio è ormai vecchio, ma se ha una meta dove andare la rincorre con quel che resta delle sue forze. Scende oltre la piazza di Santa Lucia e sospira. Il tendone, bello come una nave pirata, è lì, forse per l’ultima volta. Scende, attento a non sgualcire l’abito nero.
«Non credevo di rivederti», sussurra all’uomo poggiato al cancello. Quello gli sorride, lasciando che le rughe si deformino per qualche istante.
«Avrei voluto vivere con voi, viaggiare, stupire il mondo, ricevere applausi…»
L’uomo scuote il capo, continuando a sorridere. Poi gli porge il solito sgabello. Ninuccio prova a sollevarlo per metterlo sul naso ma la schiena non glielo permette.
«Vai» propone l’uomo aiutandolo a mettersi dritto.
«Addio».
 
Il sagrato di Santa Lucia è colmo di gente elegante, di sorrisi e di lacrime.
«Arriva il nonno», grida qualcuno. Tutti lo salutano felici: sua moglie, i suoi figli, i suoi nipoti.
Infine compare Gina, la più giovane, vestita da sposa.
«Grazie per tutto questo», gli dice commossa indicando quell’immensa famiglia.
Pazienza e sacrificio. Per una vita intera.
Ninuccio si guarda intorno senza parlare mentre, scrosciante, si leva l’applauso.